Per Google la guerra è semplicemente una “circostanza straordinaria“. Secondo quanto emerso da alcune email interne pubblicate da The Intercept, infatti, Google avrebbe dato indicazioni precise affinché le traduzioni inviate verso la Russia possano essere precise nella terminologia ed ottemperare così ai desiderata del governo locale. I servizi Google assoldati sul posto, dunque, hanno libertà di tradurre l’intraducibile: “guerra” non diventa “герра” (“guerra” in russo), ma “цирковая станция” (“circostanze straordinarie”).
Guerra? No, solo circostanza straordinaria
Scelta scomoda, ma doverosa. Il rischio, in caso contrario, è quello di mettere a repentaglio la sicurezza stessa di quanti lavorano alle traduzioni, per i quali la scelta va ovviamente compiuta: è possibile parlare di guerra con l’Occidente, ma non è possibile farlo con il popolo della Federazione Russa. Il rischio è noto: 15 anni di carcere per chi diffonde informazioni che non siano in linea con la narrazione del Cremlino. Secondo Putin, infatti, quella in Ucraina non è una invasione, né è una guerra, ma una circostanza particolare nel quale viene compiuta una operazione speciale per la denazificazione del territorio ucraino. I documenti che partono dagli States sono dunque corretti, facendo riferimento alla guerra; i documenti che approdano in Russia sono coerenti ma modificati, facendo riferimento alle circostanze straordinarie; nel mezzo ci sono traduttori tra incudine e martello che traducono non in base ad un principio di verità, ma ad uno di pragmatica realtà.
Insomma: la guerra è anche una paradossale gimkana linguistica nella quale anche Google deve imparare a districarsi. Gli attriti tra Mountain View e Mosca sono di vecchia data, ormai: Google è visto come un avamposto americano nelle case della gente russa e questo ha portato a creare Yandex per sostituirlo al motore di ricerca, ad abbattere Google News ed a porre a tacere ogni riferimento sulla guerra.
Google non ha voluto lasciare la Russia per un motivo preciso: interrompere il flusso dei contenuti significherebbe privare la popolazione locale di un importante approdo all’informazione e, pur se quest’ultima resta filtrata dai dettami del Roskomnadzor, è importante tenere le porte aperte per quanto possibile. Google ha quindi interrotto tutte le fonti di monetizzazione nel Paese, ma i servizi restano aperti. Per poter continuare su questo crinale impervio, però, non bisogna fare passi falsi: la “guerra” diventa così “circostanza straordinaria” per mettere una foglia di fico di fronte a quelle vergogne che il Cremlino cela nel proprio pudore censorio.