La giustizia degli Stati Uniti ha riconosciuto il diritto di Google e delle università di passare allo scanner milioni di libri dei loro cataloghi senza chiedere e ottenere il permesso degli autori.
Ad accusare Google era Authors Guild : dopo aver raggiunto un accordo con Big G che il tribunale non aveva permesso di concretizzare e dopo aver – in quanto associazione che rappresenta gli interessi di tutti gli autori – cercato di ottenere lo status di class action, per la violazione del copyright dei libri digitalizzati senza il permesso degli aventi diritto (ma solo delle biblioteche cui chiedeva l’accesso) aveva chiesto a Mountain View un totale di 2 miliardi di dollari.
Già il giudice federale di New York Denny Chin aveva respinto le accuse di violazione di diritto d’autore sollevate ormai otto anni fa nei confronti dell’opera di digitalizzazione dei libri delle biblioteche statunitensi da parte di Google Books. Come aveva rivelato il giudice Chin, l’ ambizioso progetto di divulgazione online del sapere umano rientra nell’ambito del fair use , dispositivo legislativo statunitense che salvaguarda l’uso legittimo delle opere tutelate dal diritto d’autore: Google fornirebbe vitali benefici in ambito educativo e, in generale, pubblico, nonché la possibilità di accedere a numerosi nuovi dati “che aprono la strada a nuove possibili campi di ricerca”.
In particolare, rileva ora il giudice della corte d’appello, gli utenti con una disabilità certificata che non possono accedere alla versione cartacea delle opere possono avere libero accesso alla versione digitalizzata, mentre coloro che non soffrono di alcuna disabilità possono effettuare solo ricerche per parole chiave a meno che l’autore non conceda un accesso più permissivo alla consultazione.
Si tratta di scopi, insomma, perfettamente in linea con gli obiettivi delle biblioteche pubbliche e con le necessità del principio del fair use .
Claudio Tamburrino