Google non intende arrendersi alle richieste del Garante per la privacy francese: attraverso un comunicato ufficiale , l’azienda californiana fa sapere di avere presentato appello, presso la Suprema Corte amministrativa francese e il Consiglio di Stato, contro l’ordine ricevuto dalla Commission nationale de l’informatique et des libertés (CNIL), nella speranza che il caso venga rivisto e che i diritti dei cittadini di ogni parte del mondo ad accedere a informazioni legali vengano preservati.
Era il 2014 quando il garante francese raccomandava a Google di estendere globalmente l’applicazione del diritto all’oblio. L’obiettivo dell’ente francese è quello di far sì che i cittadini francesi abbiano diritto ad essere dimenticati ovunque nel mondo, ciò in virtù della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 2014, che permette di vedere de-indicizzati dai motori di ricerca alcune notizie ed episodi che il diretto interessato ritiene dovrebbero rimanere sepolti nel passato. Google rispose alla richiesta del Cnil, a luglio 2015, attraverso le parole del suo Global Privacy Counsel , Peter Fleischer, il quale affermò che “assecondare le richieste della Francia” estendendo la deindicizzazione su scala globale di alcuni link relativi a informazioni su cittadini francesi, avrebbe rischiato di rendere Internet “libera come è libero il paese meno libero del mondo”. Con tale affermazione Mountain View prese pubblicamente posizione contro la richiesta francese. A settembre 2015, Il Garante francese per la privacy respinse l’appello informale di Google, ribadendo con decisione la propria volontà di estendere le deindicizzazioni alla versione globale del motore di ricerca, ritenendo efficace il diritto europeo all’oblio soltanto se la sua applicazione non debba esaurirsi esclusivamente entro i confini del Vecchio Continente. Dopo numerosi botta e risposta, Google aveva individuato una soluzione di mediazione , declinando il diritto all’oblio non in maniera generalizzata, sulla base dei domini del proprio motore di ricerca, bensì su quella dell’indirizzo IP dell’utente che si rivolge al search engine. L’authority francese, insoddisfatta, ha risposto con una multa .
Ma Google è tenace nelle proprie intenzioni, e le sue motivazioni non sono da ricercare sul piano economico. La multa di 100mila euro comminata dalla CNIL è infatti irrisoria rispetto ai 75 miliardi di dollari di fatturato annuo. La questione riguarda i principi del diritto internazionale che regolano Internet a livello globale. In sostanza, ribadisce Google le leggi di un paese non possono valere fuori dai suoi confini. A tal proposito, nel comunicato redatto da Kent Walker, Senior Vice President e General Counsel di Google si legge: “Per centinaia di anni, è stata una norma accettata il fatto che nessun Paese avesse il diritto di imporre le proprie regole ai cittadini di altri Paesi”.
Per Mountain View, informazioni illegali in una nazione possono essere perfettamente legali in altre: “La Thailandia considera reato gli insulti al Re, in Brasile è vietato condurre campagne elettorali negative verso gli avversari, la Turchia considera reato discorsi denigratori di Ataturk o della nazione Turca. Operando a livello globale, ci impegniamo seriamente per rispettare queste differenze”, sostiene Walker, evidenziando come tali attività siano ritenute legali in altre parti del mondo .
Google sostiene inoltre di avere recepito la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in ogni paese dell’Unione Europea, attraverso un approccio che tiene conto sia dei criteri definiti dalla sentenza che identifica per la prima volta il diritto all’oblio, sia delle linee guida delle autorità garanti e dei tribunali dei diversi paesi. Il motore di ricerca evidenzia inoltre come siano state analizzate circa 1,5 milioni di richieste di deindicizzazione in tutta Europa, 300mila nella sola Francia, rimuovendo circa il 40 per cento dei link dai risultati di ricerca (50 per cento in Francia).
Mountain View ribadisce dunque il proprio “disaccordo” rispetto all’interpretazione fatta dalla CNIL, che comporta la rimozione da tutti i domini esistenti, anche se il contenuto potrebbe essere perfettamente legale in quei Paesi. “Quanto ci vorrebbe – invita a osservare Google – perché un qualsiasi altro paese, magari meno aperto e democratico, inizi a chiedere che le sue leggi che regolano l’informazione vengano applicate, come in questo caso, su scala globale?”. Google torna a far riferimento a quel meccanismo di “corsa al ribasso” citato già nel 2015, che rischia di limitare l’accesso all’informazione. Ai cittadini francesi, ad esempio, potrebbe essere impedito di visionare contenuti legali in Francia. A tal proposito, nel comunicato si legge: “non si tratta solo di una considerazione ipotetica: abbiamo ricevuto richieste da parte di governi di rimuovere contenuti a livello globale per vari motivi e ci siamo opposti, anche se questo a volte ha portato al blocco dei nostri servizi”.
Thomas Zaffino