Più volte descritti come degli insaziabili parassiti del web , le piattaforme e i motori di ricerca che come Google fungono da gatekeeper per l’informazione sono finiti nel mirino di grandi broadcaster e gruppi editoriali per il presunto sfruttamento indebito dei più svariati contenuti protetti dal diritto d’autore. Nel corso di un’intervista pubblicata dal quotidiano finanziario Sole 24 Ore , il vicepresidente della divisione South East Europe, Middle East, Africa di BigG Carlo D’Asaro Biondo ha teso la mano agli editori italiani, dal momento che la stessa azienda di Mountain View è pronta al dialogo per trovare una soluzione alla spinosa problematica del copyright su Internet .
“Sul diritto d’autore siamo completamente d’accordo, va protetto – ha esordito D’Asaro Biondo – I contenuti sono un valore che ha un’importanza sia sociale che economica. E Google ha messo in piedi tutto quanto può per la tutela del diritto d’autore. Noi siamo disponibili al dialogo non solo con la FIEG, ma con tutti. Ma se veniamo definiti parassiti diventa tutto più difficile”. Attaccati pubblicamente dal magnate Rupert Murdoch, ma anche dall’italianissimo Carlo De Benedetti , i grandi aggregatori di Internet sono accusati di aver lucrato dalla libera distribuzione dei contenuti editoriali senza restituire alcunché ai legittimi produttori .
Diverso il parere offerto da D’Asaro Biondo, che ha sottolineato come il motore di ricerca della Grande G porti “il 40-50 per cento di traffico in cambio dell’indicizzazione”. Per questo motivo, il search di Mountain View “dovrebbe essere considerato un amico o un partner, non un parassita. Google fornisce un servizio gratuito ai clienti, ma che per Google non è gratuito”, ha continuato il dirigente del colosso californiano.
Dalla questione antitrust alla fuga da Google News , gli editori europei sembrano aver issato gli stendardi di guerra contro la Grande G, mentre il presidente di AGCM Giovanni Pitruzzella vorrebbe l’introduzione di nuovi strumenti legislativi per garantire agli editori un’adeguata forma di remunerazione dalla circolazione online dei contenuti tramite aggregatori e motori di ricerca. Per D’Asaro Biondo, non si tratterebbe “di riconoscere esborsi per i contenuti, ma di stabilire forme di collaborazione con gli editori perché siano messi nelle migliori condizioni di far crescere il loro business”. In Francia, dopo l’ accordo con gli editori del Belgio, Google ha annunciato l’istituzione di un fondo da 60 milioni di euro per supportare quelle iniziative innovative di editoria digitale a beneficio degli utenti transalpini.
Mauro Vecchio