Google nel mirino della UE per DoubleClick

Google nel mirino della UE per DoubleClick

L'Antitrust annuncia un nuovo round di indagine sulla mega-acquisizione del gigante della pubblicità online. Google: siamo delusi per questo, quello e quell'altro motivo. Da DoubleClick, intanto, son giunti banner infetti
L'Antitrust annuncia un nuovo round di indagine sulla mega-acquisizione del gigante della pubblicità online. Google: siamo delusi per questo, quello e quell'altro motivo. Da DoubleClick, intanto, son giunti banner infetti

Microsoft e AT&T avevano lanciato accuse di lesa maestà e i consumatori si erano appellati all’antitrust europeo, un fuoco di fila sull’ acquisizione più hot del 2007 che le autorità comunitarie non hanno intenzione di lasciar cadere: ieri la Commissione Europea ha annunciato formalmente l’avvio di un secondo e più approfondito round di accertamenti sull’operazione con cui Google intende acquisire il controllo di Doubleclick .

In altre parole, l’antitrust europeo, lo stesso che ha messo in croce Microsoft e ha già Intel nel mirino, ha deciso di spostare la canna del fucile fino ad inquadrare anche il colosso di Mountain View. Consumatori e rivali temono che Google non solo si appropri di una fetta del mercato della pubblicità online troppo ampia, ma anche che faccia un uso pericoloso dei dati raccolti dai propri servizi associati a quelli, da sempre numerosi, raccolti da DoubleClick. Polemiche di posizione, secondo qualcuno, ma la Commissione ha dimostrato di prenderle dannatamente sul serio.

La scelta di interrogare ulteriormente Google e il mercato, ed indagare sugli scenari che si verrebbero a creare se l’acquisizione di DoubleClick verrà perfezionata, è naturalmente tutto meno che una condanna : si tratta esclusivamente di un round di esami e valutazioni dai quali potrebbe uscire un’assoluzione totale o parziale per le due aziende in gioco, e una rassicurazione per i consumatori e i cittadini europei. Ciò nonostante è comprensibile che Google non digerisca facilmente la mossa della Commissione e lo ha dimostrato ieri una dichiarazione insolitamente nervosa di Eric Schmidt , dinamico CEO di BigG, che ha voluto esprimere tutta la propria delusione.

“Siamo chiaramente delusi di sapere che la Commissione Europea intende portare avanti la valutazione della nostra acquisizione di DoubleClick. Continueremo a collaborare con la Commissione Europea per dimostrare che la nostra richiesta di acquisizione porterà benefici non solo per gli editori, ma anche per gli investitori pubblicitari e i clienti stessi. Faremo il possibile per evitare ulteriori rinvii che ci mettano in condizione di svantaggio nella competizione contro Microsoft, Yahoo, AOL e altre società le cui acquisizioni, all’interno di un mercato altamente competitivo quale quello della pubblicità online, sono già state approvate.”

Ecco, con poche parole Schmidt ha delineato la linea di difesa di Google : non siamo i soli operatori sul mercato, ci sono altri grossi player che detengono importanti fette del web advertising, ci sono state altre acquisizioni rilevanti nel settore, e perdipiù Google e DoubleClick non sono in competizione tra loro, il che vuol dire che l’acquisizione non provocherà una riduzione del “tasso di concorrenza” sul mercato.

Ma non è tutto qui: se è vero che Google è attivo ormai non solo su web, ed anzi estende le proprie capacità di raccolta pubblicitaria anche a carta, video e radio, è anche vero che i soggetti che operano singolarmente in questi settori o in più d’uno sono numerosi, spesso di grosse dimensioni e probabilmente attrezzati quantomeno per tentare di competere con la powerhouse di Mountain View.

Difficile, per Google, accettare che si possa credere che l’acquisizione darebbe vita ad una posizione dominante , laddove il mercato dell’advertising online è già popolato da una infinità di soggetti diversi. Il tutto condito dal fatto che i suoi principali competitor nel più ampio mercato dei servizi web, vale a dire Microsoft e Yahoo, stanno investendo nel settore tutto quello che possono proprio nel tentativo di guadagnare quote di mercato a scapito di Google. Tutti segni, cioè, di un mercato effervescente .

BigG potrà trovare anche ulteriori appigli per cercare di schivare un proiettile che eventualmente partisse dal fucile della Commissione. DoubleClick non è un operatore della raccolta pubblicitaria , è ormai essenzialmente un “gestore di banner”, un server pubblicitario pensato per veicolare su siti di tutto il Mondo enormi quantità di pubblicità, con tecnologie avanzate di condivisione e distribuzione. Sebbene l’azienda gestisca un invidiabile e forse unico parco clienti, Google può a buon titolo descrivere l’operazione come una questione di acquisizione tecnologica .

Si vedrà: la Commissione terrà il suo mirino puntato su Mountain View per quattro mesi . Al termine di quel periodo si saprà se il grilletto verrà premuto o il fucile posato. Nel frattempo, a sollevare rumore, ci si mettono anche perniciosi attacchi infettivi , come quelli che sono attribuiti in queste ore a certi banner distribuiti proprio da DoubleClick. Di seguito tutti i dettagli.
Roma – Un software truffa che sfianca gli utenti a colpi di pop-up. Finito sulle pagine web di CNN e The Economist , così come molti altri celebri siti. La colpa sarebbe tutta di una serie di banner pubblicitari cattivelli, che inoculavano malware sulle macchine di ignari navigatori .

Gli sfortunati che incappavano nei messaggi pubblicitari truffa, si ritrovavano di colpo tempestati di avvisi inquietanti: il computer è stato infettato da un virus di qua, il computer è stato infettato da un trojan di là. L’unico modo per fermare l’ondata di noiosi (e fasulli) avvisi era pagare circa 25 euro per un sedicente programma di protezione .

Una faccenda che Alex Eckelberry – presidente di Sunbelt Software , azienda che opera nel campo dell’anti-spyware – liquida con parole pesanti: “Fondamentalmente è estorsione. Ti costringono a comprare il loro programma”. Il problema dovrebbe essere in via di risoluzione, spiegano da DoubleClick, ma i loro nuovi filtri avrebbero già individuato almeno 100 diverse inserzioni pubblicitarie contenenti il trojan .

Non che la colpa sia di DoubleClick: secondo gli esperti, l’azienda non fa altro che offrire una piattaforma software su cui i suoi acquirenti possono inserire i contenuti che preferiscono. Sta a loro comportarsi in maniera onesta e limitarsi a quanto è lecito. Vale a dire che DoubleClick è un po’ come un produttore di fucili: se poi questi ultimi vengano usati per fare del bene o del male, non è questione che riguardi chi li costruisce.

La colpa, quindi, sarebbe di chi certe furbate le pensa. E pure dei siti che le mostrano , colpevoli di stringere accordi con inserzionisti poco per bene. Che in questo caso sarebbero i tedeschi di adtraff.com , che per il momento si trincerano dietro un solido “no comment”.

Sia come sia, la faccenda è un brutto colpo per l’immagine di DoubleClick . Il tutto proprio alla vigilia della chiusura dell’accordo con Google per l’acquisizione da mille e una notte: ci sono oltre 3 miliardi di dollari sul piatto, più di 2 miliardi di euro.

Quello dei circuiti pubblicitari resta un problema, a prescindere da questa vicenda. A inizio settimana molti importanti siti come The Wall Street Journal si sono improvvisamente ritrovati con un gran numero di banner erotici sulle rispettive pagine : il problema sarebbe stato una toolbar che rimpiazzava le pubblicità originarie con altre più piccanti.

Un problema è che, ad oggi, non è ancora chiaro chi sia il vero colpevole, l’altro è che vi siano così pochi controlli sulle inserzioni che vengono pubblicate da alcuni siti.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
14 nov 2007
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