Che dalle parti di Mountain View non si stia brindando non è un mistero. I dati di vendita del Nexus One non paiono esaltanti , ma non è soltanto questione d’introiti e trimestrali di cassa. Ad essere messa in discussione è l’abilità di Google nel gestire e pianificare al meglio la comunicazione e il marketing per operazioni commerciali dal prevedibile impatto sulla credibilità del proprio brand.
La domanda, in soldoni, è: uscire in Beta è sempre una strategia vincente? Se è vero che per Page e Brin ha sempre funzionato il modello “meglio arrivare prima degli altri e poi migliorare via via”, è davvero naturale l’estensione di questa filosofia anche quando si rincorre l’avversario? E – soprattutto – quando lo si fa in un certo senso “fuori casa”, ossia spostando il baricentro dal software all’hardware, dal lancio di applicazioni web2web a campagne di marketing e comunicazione che avrebbero bisogno di un serio dietro le quinte che va ben al di là del solo mezzo Internet?
A giudicare dalle reazioni e dai commenti degli utenti – gli stessi che hanno sempre apprezzato Google per la sua maniera duepuntozero , open e disincantata di mettere in piazza prodotti e soluzioni in “modalità provvisoria” (che, in realtà, funzionavano perfettamente sin da subito) – si direbbe proprio di no. Sarà forse perché, quando le tocchi il portafogli, alla gente poco importa della tua “filosofia beta”.
“Ti sto pagando, devi darmi un prodotto efficiente!”, avranno pensato in tanti. Insomma, non tutto è come Gmail&Co (che, peraltro, funziona a meraviglia). Servizio al quale, tanto per fare un esempio, credo tutti perdoneremmo qualche piccolo bug in virtù della sua potente gratuità .
Avere un bel telefonino è invece anche uno “sfizio” tecnologico. Chi se l’è tolto, dalla tasca ha tolto anche un bel po’ di soldini : e se poi non gli funziona qualcosa e chiede aiuto gli si risponde, se va bene, solo via mail (e magari dopo molti giorni)… allora il poveretto finisce per rimpiangere la Mela e il suo customer care. E accidenti a Google e alle sue filosofie. Meglio iPhone!
Già, perché il punto è questo. Quando lanci sul mercato un telefonino come il Nexus One, è assolutamente prevedibile che in molti (troppi?) si concentreranno su una guerra che, forse, nemmeno Google voleva fino in fondo . Almeno non ora, non subito. Non in questi termini. Tutti a titolare: sfida all’iPhone, Nexus VS iPhone, e via dicendo. No, non è solo colpa dei giornalisti: se lo chiede anche il semplice utente, l’uomo della strada e l’appassionato di tecnologia a caccia dell’ultima chicca sul Web e nei mediastore. Chi non capisce nulla di hardware, magari, lo chiede all’amico esperto: meglio iPhone o il Nexus One? Qualcuno, magari, prova a capirlo dal Web .
E via così a test comparativi e paragoni di ogni tipo. Spesso errati e fuori luogo, certo. Ma che dovrebbero suggerire a Google un dato di fatto importante: quando dall’altra parte c’è un concorrente affermato che è già riferimento di un mercato ambito e importante, gli utenti – malgrado le intenzioni più o meno esplicite di BigG o di chicchessia – considerano motu proprio aperta la sfida. Poco male, si direbbe. Se non fosse che, nella fattispecie e cosa peraltro poco frequente, è Google a rincorrere gli altri . E non viceversa.
Un po’ quello che è accaduto anche con Google Chrome OS. Non è certo una sfida a Windows. Quantomeno, non lo è ora. Ma in tanti, troppi, l’hanno subito vista così. Ed ecco un’enorme schiera di utenti insoddisfatti che – non avendo colto fino in fondo l’innovazione e il cambio di filosofia radicale presenti nell’idea alla base di Google OS – si son messi a fare confronti come se dal giorno successivo fosse stato lecito pensare di trovare Chrome OS nello scatolone di plastica con dentro il disco di boot e il numero seriale per l’installazione.
A volte capita. Ad essere troppo “avanti”, come si usa dire, si finisce per non gestire al meglio la comunicazione e il marketing sui prodotti e le tecnologie che via via si lanciano. Aprendo la strada a sfide fittizie e premature che, facendo presa sulla pubblica opinione, possono far molto male a chi non ha trovato il modo di gestirle nella maniera più opportuna. E causare un danno d’immagine non indifferente. Un paradosso, insomma. Soprattutto quando – come nel caso di Google – si è davvero “avanti” e, spesso, si ha tecnologia e know-how da far invidia a qualunque concorrente.
È quanto è accaduto per il lancio del Googlefonino . Banali e prevedibili errori di marketing, comunicazione e, successivamente, customer care, piuttosto che tecnologici e di sostanza, hanno finito per spostare il baricentro dell’attenzione del grande pubblico dal contenuto innovativo alla base del prodotto al prodotto medesimo. Ed ecco che la pole position tecnologica di Mountain View diviene immediatamente rincorsa tout court a Cupertino. Con tutto ciò che ne consegue: d’un tratto, cioè, non ci si concentra più sulle vere chiavi d’innovazione (Android, modello di business innovativo, disintermediazione dai carrier e via dicendo) rispetto alle quali il Nexus è solo la punta dell’iceberg, ma s’ingaggia un one to one su tutto. “Inventando” una sfida rispetto alla quale anche Google – ovviamente – ora più che mai ha tutto l’interesse a tenere le distanze.
Come dimostra Anthony House , responsabile comunicazione mobile di Google, con il quale – nel tentativo di capire qualcosa di più delle questioni di comunicazione e non solo di cui andiamo discorrendo – abbiamo avuto modo di scambiar quattro chiacchiere in merito a questi ed altri aspetti relativi al lancio del Nexus One: “Non sta a noi fare dei paragoni”, spiega House a Punto Informatico , commentando i quanto mai scomodi e forse insani tentativi della stampa internazionale di paragonare iPhone et similia al Nexus One. E – come in fondo è giusto che sia, nonostante qualche recente problema di sicurezza , Google ha spostato a sua volta il baricentro dell’attenzione sulla piattaforma Android, capace di diversificare il mercato mobile con un approccio aperto e innovativo.
“Siamo molto orgogliosi di Nexus One e dell’evoluzione della piattaforma Android in generale – continua House – Riteniamo che Nexus One determinerà un’ulteriore evoluzione del settore mobile, introducendo maggiore innovazione e possibilità di scelta per i clienti”. Inoltre, in perfetto stile Google, House sottolinea l’importanza della community Android e dei suoi partner quale vero elemento distintivo rispetto alla concorrenza: “Siamo impazienti di collaborare con altri produttori di hardware per lanciare sul mercato nuovi dispositivi Google, nonché di rendere tali dispositivi disponibili agli operatori di tutto il mondo. Android resta una piattaforma open source, pertanto attendiamo con ansia qualsiasi elemento di innovazione proveniente non solo da Google ma da tutti i partner Android”.
Già, qualsiasi elemento di innovazione. Uno, di mercato, in particolare, era parso di coglierlo in una certa “indipendenza” dagli operatori telefonici . Una disintermediazione che – a ben guardare – dalle nostre parti non può certamente dirsi un traguardo già ottenuto, dato che qui da noi, troppo spesso, i cellulari sono venduti in esclusiva con i piani di abbonamento di alcuni carrier: “In effetti – prosegue ancora House – si tratta di un metodo nuovo anche negli USA, che ci auguriamo possa semplificare il processo di acquisto dei dispositivi mobile nel futuro prossimo”. La vision , aggiunge il responsabile della comunicazione mobile di Google, è poter offrire a chiunque nel mondo sia interessato ad un telefono cellulare una maggiore scelta, semplicità nell’acquisto e una scelta tra dispositivi altamente innovativi.
“L’obiettivo finale è quello di fornire al cliente la possibilità di acquistare il telefono desiderato online (quando saranno disponibili altri dispositivi oltre a Nexus One) e di scegliere l’operatore che risponde meglio alle sue esigenze”.
Ma c’è un altro aspetto non molto chiaro – e per certi versi controverso – della campagna di lancio del Nexus One: il target cui questo dispositivo debba rivolgersi . In Rete è stata subito bagarre tra i sostenitori di un iPhone tutto stile ed eleganza e un Nexus One più geek e tecnologia. Tesi in parte subito smentita non solo dalle prime prove su strada , ma dalla stesso Google che – sempre per bocca di House – a proposito del target di riferimento spiega a Punto Informatico di non far differenza tra professionisti e single user, tra amanti dell’estetica e un pubblico di geek/smanettoni: “Il nostro target di riferimento è chiunque sia alla ricerca di un’ottima esperienza di utilizzo del web e di Google su un dispositivo innovativo, pratico e personalizzabile”.
Anche se, l’ annuncio di Andy Rubin al CES 2010, su una prossima versione Nexus One ad hoc per le aziende, sembra ingaggiare (un’altra?) sfida prematura al BlackBerry e ai dispositivi mobile per l’enterprise: ovvero, un’altra “rincorsa in beta” che potrebbe ritorcersi ancora contro, come un boomerang, alle ambizioni mobile della casa di Mountain View.
Ambizioni che, per il mercato mobile, sono e restano tante . Una vera e propria rivoluzione? Forse non proprio, prosegue House nella sua chiacchierata con Punto Informatico , ma qualcosa che le assomiglia molto: “Negli ultimi anni l’accesso al Web da telefoni cellulari si è senza dubbio diffuso e riteniamo che si tratti di un cambiamento decisivo. È troppo presto per stabilire quale sarà il ruolo di Nexus One in questa prospettiva di cambiamento, ma la piattaforma Android ha fatto degli indiscutibili passi in avanti negli ultimi anni. Android è passato da un singolo dispositivo in un Paese con un solo carrier, all’essere una piattaforma supportata da 20 dispositivi con 59 carrier in 48 Paesi, disponibile in 19 lingue. I dispositivi basati su Android consentono l’accesso a Internet a un numero crescente di utenti mobile in tutto il mondo. Inoltre, il traffico di Google proveniente dalle ricerche su dispositivi mobile è aumentato di 5 volte negli ultimi due anni. Un dato straordinario”.
Dal punto di vista del colosso di Mountain View non può che essere così. Dati e numeri che secondo BigG sono tutt’altro che confutabili, testimoni a suo dire di un successo che la casalinga di Voghera (e non solo) ha confuso con un flop. Una sorta di falsa partenza (o partenza falsa?) che restituisce un’immagine di Google imprendibile quando parte in pole, un po’ meno quando è costretta a rincorrere. E a correre su circuiti nei quali il pubblico tende a confondere le prove libere con la gara ufficiale: quest’ultima per Google – probabilmente – non è neppure ancora iniziata. Peccato che qualcuno abbia già pagato il biglietto però .
a cura di Massimo Mattone