Come intermediario della Rete, Google non è obbligata a rimuovere certi contenuti legalmente pubblicati online, nemmeno se ritenuti diffamatori dai protagonisti delle vicende raccontate, che li vorrebbero vedere finire al macero della de-indicizzazione per il rispetto del cosiddetto diritto all’oblio. Nello scontro legale tra BigG e l’agenzia spagnola per la protezione dei dati personali (AEPD), così ha deliberato l’avvocato generale Niilo Jääskinen, con un parere che potrà orientare la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Operativa sul mercato comunitario, l’azienda di Mountain View è certamente obbligata al rispetto delle leggi nazionali sulla protezione dei dati personali, ma non può essere forzata a rimuovere link ad articoli e comunicati dai suoi risultati di ricerca. Lo stesso Jääskinen ha dunque stabilito che la Grande G agisce come un fornitore di servizi neutrale, non potendo trasformarsi in un controllore delle informazioni che circolano liberamente su Internet .
Nel marzo scorso, la Audiencia Nacional de España si era rivolta alla Corte europea di Giustizia per un fondamentale parere sul cosiddetto diritto all’oblio, data la circolazione di numerose notizie ritenute diffamatorie dai cittadini spagnoli. A Google era stato chiesto di far sparire i collegamenti a numerosi articoli di grandi quotidiani locali come El Pais , come ad esempio quello relativo ad un’operazione chirurgica finita male.
Il gigante californiano aveva subito sottolineato come gli utenti debbano continuare a trovare online vicende (veritiere e non diffamatorie) di corruzione o malasanità. L’avvocato generale della Corte di Giustizia europea ha ora spiegato che la rimozione di un determinato articolo giornalistico spetta solo ed esclusivamente ai responsabili di quotidiani e riviste , non a piattaforme neutrali come il motore di ricerca californiano.
In attesa della sentenza, il parere preliminare dell’avvocato generale Jääskinen non ha valore coercitivo, formando una sorta di raccomandazione per eventuali casi futuri. Il diritto alla cancellazione o al blocco di informazioni personali – direttiva comunitaria 95/46/EC – non permetterebbe ai cittadini europei di contattare un fornitore di servizi online per ottenerne la sparizione. Nel parere della Corte europea di Giustizia, i singoli garanti nazionali non possono imporre ai responsabili di un motore di ricerca su Internet l’eliminazione di contenuti e informazioni dal suo indice, tranne in quei specifici casi in cui il fornitore di servizi non abbia rispettato i codici di esclusione, o non si sia conformato ad una richiesta proveniente dal sito web e concernente un aggiornamento della memoria cache.
La stessa direttiva comunitaria non andrebbe a prevedere in alcun modo una forma generalizzata del cosiddetto diritto all’oblio. In particolare, la tutela della privacy in ambito personale e familiare non può essere sempre considerato al di sopra di altri diritti fondamentali stabiliti dall’Unione Europea, come ad esempio le libertà di espressione e di impresa .
L’azienda californiana ha espresso grande soddisfazione per un parere che, se confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, assicurerà agli utenti europei una navigazione senza rischi di censura.
Mauro Vecchio