A rivelarlo in esclusiva è stato un articolo apparso tra le pagine online del quotidiano statunitense Wall Street Journal : gli alti vertici di Google avrebbero criticato il recente operato legislativo delle autorità indiane, alle prese con una serie di nuove predisposizioni a regolamentare l’intero ecosistema della Rete.
La redazione del WSJ sarebbe dunque riuscita a visionare un memo confidenziale, circolato internamente al Googleplex. Diversi i timori confessati dai rappresentanti della Grande G, circa una possibile stretta indiana sulla libera espressione sulle varie piattaforme del web .
Stando alle novità introdotte da Nuova Delhi, i siti potranno essere obbligati – entro un tempo massimo di 36 ore – a rimuovere determinati contenuti online, che risultino offensivi o blasfemi . O che magari possano incitare alla violenza contro esponenti politici o leader religiosi.
Nessuna azienda che opera online ha finora commentato pubblicamente le nuove regole introdotte dal governo indiano, che peraltro hanno da poco terminato la loro fase di revisione. Vari cyberattivisti hanno infatti criticato le modalità di analisi delle autorità locali, piuttosto chiuse ad un effettivo dibattito pubblico .
Google non sembra affatto apprezzare le modifiche legislative che verranno apportate dal ministero indiano per le Comunicazioni e l’IT. Ma l’azienda di Mountain View non sembra orientata a ripetere un’esperienza come quella cinese, finita con il reindirizzamento degli utenti asiatici verso Hong Kong.
Gli stessi vertici di BigG avrebbero descritto la situazione indiana come “migliore di altre”, forse attirati da una platea che sfiorerà i 200 milioni di utenti nel 2015 . Pare che Google preferisca sostituire la dicitura “contenuti blasfemi o violenti” con l’espressione più generica “che viola la legge locale”.
Mauro Vecchio