Dire che Google è un “gigante” di Internet implica sostenere l’ovvio, ma in quell’ovvietà c’è chi come Arbor Networks scava per stabilire la reale portata delle necessità infrastrutturali di Mountain View (e non solo). Facendo emergere stime tali da preoccupare i provider di connettività “tradizionali” , ancora legati a un modello di business monolitico e a rischio estinzione.
Se Google fosse un ISP, dicono le stime di Arbor, sarebbe il terzo a livello planetario e quello dotato del ritmo di crescita più sostenuto. La stragrande maggioranza del traffico di questo ipotetico ISP proviene piuttosto prevedibilmente da YouTube, sostiene ancora la società specializzata in apparecchiature di monitoraggio e controllo telematico, dove una clip video di tre minuti equivale alla banda consumata da “migliaia di pagine” di risultati di ricerca sul web.
Non bastassero le dimensioni “grezze” del network di server e fibre di proprietà di Mountain View a spaventare i “giganti” tradizionali della connettività broadband , Arbor Networks mette in evidenza la ben nota strategia di “caching” adottata da Google per minimizzare la necessità del cambio di network per raggiungere i contenuti desiderati dagli utenti.
Per più della metà degli ISP europei e nordamericani, infatti, Google dispone di una serie di server proprietari facenti parte di sistema che permette contemporaneamente di offrire una migliore esperienza di rete agli utenti – fondamentale per lo pseudo realtime delle appliance di produttività personale di Google Docs, ad esempio – e di smarcarsi ancora di più dall’esigenza di appoggiarsi a infrastrutture esterne per veicolare i contenuti.
Se è improbabile che Google, nonostante gli investimenti in fibra già programmati, decida di trasformarsi in un provider di servizi di connettività a tutto tondo, al contrario è piuttosto verosimile che a Mountain View decidano di lucrare (anche) sulla crescente importanza del routing del traffico di rete per mettere i bastoni tra le ruote agli interessi monolitici degli ISP veri e propri .
In futuro si potrebbe insomma assistere alla nascita di modelli di business alternativi a quelli “tutto compreso” dei provider Internet, dove chiunque può “vendere” una parte del traffico previo pagamento di una modesta percentuale sui ricavi per l’uso dell’infrastruttura in mano a Mountain View.
Alfonso Maruccia