Google Plus e gli invitati indesiderati

Google Plus e gli invitati indesiderati

Mountain View apre la caccia allo pseudonimo. E non mancano i danni collaterali
Mountain View apre la caccia allo pseudonimo. E non mancano i danni collaterali

Si tratta ancora solo di un esperimento, una versione in beta testing del servizio con cui Mountain View vuole lanciare la sfida finale a Facebook per la conquista del settore dei social network, eppure Google+ sta vivendo un successo di pubblico e attenzione indubbio. E che porta con sé i primi problemi di equilibrio e le contraddizioni di un controllo centralizzato.

I primi casi di account Google+ bloccati o censurati erano stati pubblicizzati da una frangia del gruppo di hacktivisti Anonymous: proprio l’oscuramento subito da alcuni suoi membri avrebbe spinto gli hacker a lanciare l’idea di un loro social network, Anonplus.

Ora, tuttavia, sembrerebbe che siano stati decisamente di più gli account colpiti dall’epurazione di Google, anche perché Google+ raggiunge ora un pubblico che ha toccato i 20 milioni di visitatori unici.

L’unico messaggio ricevuto dai proprietari degli account bloccati dice: “Dopo aver verificato il vostro profilo, abbiamo stabilito che il nome da voi fornito viola gli standard della nostra Community”. Niente dettagli, insomma, o l’indicazione precisa della violazione.

Tuttavia non si tratta di nulla di inaspettato: Google, come Facebook, vuole nomi e persone reali e non fake e nickname dietro cui potrebbe nascondersi chiunque. Per questo ha semplicemente iniziato a procedere contro chi non si attiene a questa regola. Regola che, peraltro, non è detto che in futuro, proprio come nel caso di Facebook, non venga in parte modificata.

Il problema, tuttavia, è anche che nel momento in cui un account Google+ viene bloccato, l’utente, in alcuni casi , sembra venir escluso anche dagli altri servizi Google cui è iscritto, rischiando di danneggiare il suo lavoro se usa quegli strumenti.
Inoltre Google sembra aver bloccato anche account con login multipli.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
26 lug 2011
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