Ingredienti: una parola (una qualunque, non ha importanza, basta sia inglese) e un selfie. Procedimento: frullare con l’aiuto di un algoritmo istruito ad hoc. Pochi secondi e POEMPORTRAITS restituisce una poesia già confezionata per la condivisione sulle bacheche dei social, con tanto di impaginazione in formato 1:1 come ormai impone lo standard.
POEMPORTAIT: IA, selfie e poesia
È la nuova iniziativa messa in campo da Google e più nel dettaglio dal team al lavoro sul progetto Arts & Culture per mostrare con una Web app di semplice fruizione le potenzialità dell’intelligenza artificiale. L’abbiamo messa alla prova con la collaborazione (lo ammettiamo, non troppo volontaria) di un nostro fedele amico a quattro zampe. Tutto ciò che bisogna fare è recarsi all’indirizzo g.co/poemportraits, inserire nell’unico campo di testo presente la parola scelta (noi abbiamo ovviamente usato “cat”) e scattarsi un selfie. Lo si può fare da smartphone oppure mediante la webcam del computer, direttamente dal browser, senza bisogno di eseguire alcun download. Non c’è modo di caricare un’immagine dal disco fisso o dalla memoria interna. Questo il risultato ottenuto.
Our cat and here and there are,
My government with songs of light and the eyes.
La poesia è poesia e, in quanto tale, a volte sfugge alla nostra comprensione. Come in questo caso. L’iniziativa merita ad ogni modo una segnalazione poiché rappresenta l’ennesimo impiego dell’intelligenza artificiale in un territorio, quello dell’arte, in cui a linee di codice e algoritmi viene chiesto di simulare il processo creativo proprio dell’essere umano. L’approccio è parecchio simile a quello del progetto Please Feed the Lions che ha preso vita lo scorso anno a Londra.
Per la realizzazione, Google ha collaborato con la designer Es Devlin che presentando POEMPORTRAITS parla di un online collective artwork, un’opera d’arte online e collettiva. Ciascuno dona una parola, aggiungendola a un database che già contiene oltre 25 milioni di termini estratti da poesie scritte da autori del XIX secolo.
Si tratta dunque di un sistema in continua mutazione ed evoluzione. Inserendo per due volte la stessa parola si ottengono risultati differenti. Rimanendo in tema, ricordiamo il progetto Art Selfie lanciato lo scorso anno, sempre da Google Arts & Culture, che una volta caricato il proprio autoritratto effettua una scansione nel catalogo delle opere in archivio per restituire il soggetto ritenuto più somigliante.