Alla fine il tanto discusso progetto Dragonfly di Google sembra essere stato definitivamente abbandonato. Anzi, “terminato”, come afferma una fonte ufficiale. La conferma arriva dalle parole di Karan Bhatia, Vice President of Public Policy per il gruppo di Mountain View, raccolte nella giornata di ieri in occasione del suo intervento di fronte al Judiciary Committee del Senato USA.
Abbiamo terminato Project Dragonfly.
Google dice addio a Project Dragonfly
Cosa significhi esattamente “terminato” sarà nuovo argomento di discussione, anche in considerazione del fatto che alcuni, compresi diversi dipendenti di bigG, continuano a manifestare preoccupazioni legate alla possibilità che l’iniziativa sia comunque portata avanti in gran segreto dall’azienda. Un portavoce della società è intervenuto attraverso le pagine del sito BuzzFeed News per sottolineare che quella di oggi è una non notizia: non si tratterebbe di una novità, poiché il lancio di un motore di ricerca censurato destinato alla Cina non rientra già da mesi nei piani di Google.
Il caso è esploso all’inizio dell’agosto scorso, quando il sito The Intercept ha pubblicato un primo report in merito al progetto, finalizzato alla creazione di un servizio per trovare risorse online limitato dai paletti imposti da Pechino, con buona pace di ogni battaglia a sostegno della libertà d’espressione e informazione. Sulla vicenda sono intervenuti il mese successivo alcuni esponenti della politica statunitense, portando in dicembre Sundar Pichai di fronte al Congresso USA per chiarire la situazione. Il CEO ne ha ammesso l’esistenza, rendendo noto il coinvolgimento di circa un centinaio di persone, ma senza alcuna tempistica stabilita per la pianificazione del lancio. Di lì a poco nuove indiscrezioni su Dragonfly e sulla sua possibile cancellazione.
Project Maven e Project JEDI
Non è l’unica iniziativa di Google ad aver provocato di recente una reazione negativa sia internamente sia da parte dell’opinione pubblica. Citiamo anche il Project Maven attraverso il quale l’azienda ha collaborato con il Pentagono per l’uso della propria intelligenza artificiale nell’analisi delle immagini aeree catturate dai droni in zone di conflitto: in seguito alle proteste il contratto non è stato rinnovato. Da bigG anche il rifiuto di partecipare all’asta indetta dal Dipartimento della Difesa per accaparrarsi la gestione del Project JEDI legato al cloud, ritenuto non coerente con i principi stabiliti per un impiego etico dell’intelligenza artificiale.