Gli ultimi test condotti da Google dimostrerebbero le capacità concrete del computer quantistico, una tecnologia teoricamente in grado di fornire performance fuori scala nel trattamento di problemi di calcolo specifici. La questione in ogni caso rimane: quel chip è quantistico o meno? Nel dubbio, gli USA investono soldi e commissionano i qubit a IBM.
Google è al momento impegnata a studiare (in collaborazione con NASA) il presunto chip quantistico sviluppato da D-Wave (D-Wave 2X), un’azienda che sostiene di aver realizzato il primo quantum computer commerciale ma sulle cui reali capacità ricercatori e scienziati discutono inutilmente da anni . Che si tratti di una truffa in stile E-cat o di una rivoluzione tecnologica senza precedenti, in ogni caso, a Mountain View sono convinti di avere per le mani qualcosa di grosso: negli ultimi esperimenti basati sull’impiego di 1000 variabili binarie, dice Google , il metodo di ricottura quantistica (o quantum annealing ) del chip D-Wave è significativamente più veloce della ricottura simulata fatta girare su un singolo core.
Il quantum annealing è un metodo generale pensato per risolvere i problemi di ottimizzazione con la ricerca del minimo globale di una funzione attraverso le fluttuazioni quantistiche dei qubit, un procedimento che secondo Google sarebbe 100 milioni di volte (10 alla ottava) più veloce sui chip di D-Wave che sulle CPU per computer tradizionali.
Mountain View promette meraviglie quantistiche da qui a qualche anno, ma i ricercatori sono come al solito dubbiosi sulle presunte capacità del quantum computing in dotazione alla corporation: per Matthias Troyer, professore presso lo Swiss Federal Institute of Technology, i risultati trionfalistici di Google riguarderebbero un algoritmo specificatamente pensato per girare al meglio sul chip D-Wave e che avrebbe quindi un vantaggio ingiusto sulla controprova. Nel migliore dei casi, ipotizza Troyer, un diverso algoritmo di annealing simulato potrebbe essere “appena” 100 volte più lento di quello di D-Wave e non 100 milioni.
Sia come sia, gli investimenti sul computing quantistico continuano ad alimentare le speranze (o addirittura le previsioni) di rivoluzioni presso le grandi corporation tecnologiche, organizzazioni come IBM che sul quantum computing promette sviluppi senza precedenti in tutti i campi dello scibile umano e incassa i soldi di IARPA (Intelligence Advanced Research Projects Activity) per la realizzazione pratica di qubit logici che “durino di più” e possano far parte delle capacità di calcolo di un quantum computer universale.
Alfonso Maruccia