A fine 2013 Google, rispondendo a degli appunti della Securities and Exchange Commission (SEC) sulla sua gestione finanziaria, apriva alla possibilità di introdurre l’advertising in contesti fino a quel momento impensati , come per esempio “i termostati, gli occhiali, gli orologi, i frigoriferi e i computer di bordo delle automobili”.
La risposta serviva a Mountain View a giustificare la mancata specificazione del fatturato generato dai dispositivi mobile : secondo Google aveva poco senso entrare nei dettagli delle definizioni in quanto – appunto – il concetto stesso di “mobile” è in continua evoluzione.
“La nostra previsione – scriveva Big G – è che gli utenti useranno i nostri servizi e guarderanno le nostre pubblicità su una crescente varietà di dispositivi”.
Nel frattempo Google ha lavorato per realizzare questo scenario: a gennaio ha stretto accordi con Audi, General Motors, Honda e Hyundai e poi ha acquisito Nest Labs, startup conosciuta nel campo della domotica per un sistema intelligente di termostati; inoltre i suoi Google Glass sembrano sempre più una realtà ed Android anima anche gli smartwatch.
In questo panorama aggiornato, dunque, le parole di Google suonano quasi come una minaccia ed osservatori ed utenti hanno fatto intendere che sarebbe un’invadenza eccessiva a cui non sono pronti.
Sia Mountain View che Nest sono tuttavia già corse ai ripari: Big G ha specificato che i progetti sono in continua evoluzione e che – per esempio – non c’è nessuna offerta di advertising legata ai termostati; Tony Fadell, fondatore e CEO di Nest, impegnato a risolvere qualche problema tecnico che affligge la sicurezza di Nest, per specificare che nonostante l’acquisizione l’azienda continuerà a portare avanti una gestione diversa dal resto di Google .
Claudio Tamburrino