Google ha introdotto uno strumento per aiutare a gestire i risultati della ricerca generata dal proprio nome: si chiama “Me on the Web” e rappresenta la risposta di Mountain View alla questione del diritto all’oblio.
Il problema della memoria della rete è terribilmente serio: Google lo ha scoperto direttamente con le denunce ricevute da parte di diversi utenti da varie parti del mondo che ritenevano direttamente responsabile il suo algoritmo per i risultati offerti o gli accostamenti suggeriti su un determinato nome.
L’ultimo caso ha visto protagonista proprio l’Italia, dove un ex parlamentare ha rinfacciato ai motori di ricerca la lunga memoria su una sua vicenda giudiziaria conclusasi con l’assoluzione.
Tuttavia Mountain View era già stata condannata dall’autorità spagnola a rimuovere i link a circa 100 articoli di giornale ritenuti diffamatori, ripresa dall’Unione Europea e chiamata in tribunale sia in Francia, Svezia, Regno Unito (dove è stata assolta) e Brasile: in quest’ultimo paese è peraltro già stata condannata.
L’introduzione nel dashbord della propria pagina Google dello strumento “Me on the Web” si lega al già introdotto Google Alerts , che fornisce un servizio di avviso nel momento in cui il proprio nome o indirizzo email viene citato online , e lo rende più accessibile e intuitivo per gli utenti, arrivando anche a suggerire termini di ricerca che vale la pena monitorare.
Inoltre mette a disposizione una serie di scorciatoie e strumenti per contattare eventualmente il webmaster di un sito per chiedere la rimozione di un contenuto ritenuto lesivo o per dire la propria sul ranking di un sito ritenuto meno rilevante tra i risultati della ricerca legata al proprio nome.
Claudio Tamburrino