Una nuova divisione hardware è stata appena fondata a Mountain View: a capo di questa nuova compagine è stato posto Rick Osterloh , già CEO di Motorola, che solo poche settimane fa aveva lasciato il gruppo Lenovo. Si tratta dunque di un ritorno: Google acquistò Motorola Mobility (gloriosa società americana del settore tecnologia e telecomunicazioni) nell’agosto del 2011 e dopo soli 16 mesi la rivendette al colosso cinese dell’hi-tech. Osterloh, che si trovò coinvolto in entrambe le operazioni – prima come capo del product management e poi in qualità di presidente della compagnia – ora torna in California con il ruolo di vice presidente ad occuparsi di questa nuova divisione che raggruppa parecchi team, team che finora operavano in maniera indipendente sui vari progetti di hardware made in Google.
Google non è più una società di soli software e servizi online . Non lo è da tempo, basti pensare agli smartphone e ai tablet della linea Nexus, ai notebook Chromebook, al Chromecast e al Chromecast Audio, ai Google Glass, al termostato Nest, al Nexus Player e al router OnHub. Qualche giorno fa ha persino lanciato una linea di cinturini per orologi – orologi in genere, attenzione, non solo smartwatch. Ora però sembra che l’hardware sia diventato un settore da seguire con più attenzione. E in un certo senso Osterloh va ad occupare il posto che fino a poco tempo fa era di Regina Dugan (ora in Facebook), anche se questa – a dirla tutta – aveva meno responsabilità nello sviluppo complessivo essendo solo a capo del gruppo “Advanced Technology and Project”.
Sotto la guida di Rick Osterloh finiscono dunque i seguenti progetti: tutti device marchiati Nexus (ossia gli smartphone e i tablet Android), l’hardware dedicato all’utenza consumer (cioè i Chromebook e Pixel C), il router OnHub (che fino a poco tempo fa era sotto il controllo della società Access, sempre del gruppo Alphabet), ATAP (che comprende tutto ciò che non è finito nella divisione della realtà virtuale, cioè sostanzialmente lo smartphone modulare Project ARA e poco altro) e i Google Glass . A ciò si aggiunga poi la recente divisione “living room” che – com’è facile intuire dal nome – si occupa di una suite di prodotti che riguarda l’automazione casalinga e, più nello specifico, l’hardware dedicato alla gestione smart di ciò che avviene in salotto. Nest – che è una società del gruppo Alphabet e quindi separata da Google – rimane invece indipendente e sotto la guida del suo attuale CEO, Tony Fadell.
Ma qual è il significato vero di questa riorganizzazione e di questa forte scelta dal punto di vista delle risorse umane? Possiamo dire – senza timore di essere smentiti – che Google ha deciso di far sul serio sul versante hardware e di mettere un po’ d’ordine tra tutti i vari progetti che sono nati un po’ alla spicciolata in questi anni e che non raramente si sono trovati in competizione per quanto riguarda le risorse – economiche e non solo. Il nuovo assetto potrebbe significare una gestione più organica ed oculata, potrebbe portare a varare un piano per l’armonizzazione di tutti i dispositivi prodotti a Mountain View che un utente si trova in casa. Per fare un esempio – forse il più semplice – non è mai stato chiaro perché Google abbia deciso di portare avanti due sistemi operativi: Android e ChromeOS. Da anni si attende la loro fusione o comunque l’avvio di un avvicinamento che, sul lungo periodo, possa portare alla dissoluzione dell’uno nell’altro – molto probabilmente alla integrazione totale di ChromeOS nel regno del robottino verde, foss’anche solo per una questione di numeri, cioè di unità attive. I computer Chromebook prodotti e distribuiti saranno qualche milione, mentre gli utenti che usano Android sono più di 1,4 miliardi ormai.
Una delle prime sfide che Osterloh si troverà ad affrontare sarà il lancio dei nuovi smartphone Nexus . Proprio qualche giorno fa è sbucata in rete la notizia dell’esistenza di due nuovi device che ricadono sotto questo brand-ombrello. Si tratterebbe del Nexus S1 ed M1: due apparecchi che verranno probabilmente prodotti in partnership con HTC. L’azienda taiwanese – lo ricordiamo – ha già più volte collaborato con Google per la manifattura di device Android, dunque non sarebbe un salto nel vuoto ma una scelta oculata. Una scelta che comunque dev’essere stata presa molto tempo fa, quando ancora Osterloh non era al comando: cosa che va tenuta ben presente.
Nicola Bruno