Google, risposte punto su punto all'Antitrust UE

Google, risposte punto su punto all'Antitrust UE

Continua lo scambio di battute tra Mountain View e Bruxelles riguardo alle politiche commerciali e i presunti abusi di posizione dominante da parte del colosso a stelle e strisce
Continua lo scambio di battute tra Mountain View e Bruxelles riguardo alle politiche commerciali e i presunti abusi di posizione dominante da parte del colosso a stelle e strisce

Google ha risposto ufficialmente e pubblicamente alle accuse di abuso di posizione dominante mosse nei suoi confronti dall’Unione Europea per la politica commerciale adottata con AdSense e con i risultati di comparazione di prezzi.

A luglio la Commissione aveva formalizzato le nuove accuse nei confronti di Google sempre per violazione della normativa antitrust europea: a spingere Bruxelles ad intervenire (nuovamente) erano stati i dubbi circa le politiche adottate dal colosso a stelle e strisce per il suo servizio di advertising su siti di parti terze ed in particolare il presunto abuso di posizione dominante nel settore del search a discapito di siti di parti terze che offrono simili servizi di acquisto comparativo , attraverso clausole dei contratti con i fornitori di spazio per la pubblicazione delle inserzioni che li legherebbero a doppio filo ai suoi servizi e attraverso il posizionamento a proprio vantaggio dei risultati della ricerca relativa a comparazione di prezzi.

Si tratta della terza accusa delle istituzioni europee nei confronti di Google: la prima riguarda il trattamento preferenziale riservato ai risultati offerti dal suo servizio di comparazione commerciale Google Shopping tra i risultati di ricerca; la seconda (formalizzata nei mesi scorsi) è invece relativa alle politiche commerciali con cui Google si vincola ai produttori di dispositivi mobile che montano Android.

Ora, come in questi precedenti, Mountain View ha respinto le accuse offrendo un riscontro nel merito a tutte le constatazioni che le sono state mosse e partendo da un assunto generale: i suoi servizi ed il proprio operato fanno bene alla competizione, così come già sostenuto in precedenti risposte .

Come spiega infatti il Senior Vice President di Google Kent Walker con il post sul blog ufficiale, l’aumento continuo della qualità dei servizi non può essere considerato anticompetitivo: “I nostri ingegneri sperimentano costantemente nuovi modi per darvi accesso ad informazioni utili e, sempre più, per offrire una risposta diretta alle vostre domande. Lo stesso approccio lo adottiamo per le ricerche relative allo shopping online. Se state cercando di acquistare una o una , vogliamo mettervi in contatto diretto con i rivenditori che le commercializzano, sia attraverso i risultati organici sia attraverso gli annunci pubblicitari. Negli ultimi anni, abbiamo migliorato il formato degli annunci pubblicitari e abbiamo incluso foto, prezzi e link per l’acquisto dei prodotti. Mostrare annunci pubblicitari più utili porta dei benefici a noi, ai nostri inserzionisti e soprattutto a voi, i nostri utenti”.
Per questo – sostiene Walker – la tesi della Commissione secondo cui i risultati di Google Shopping danneggerebbero la concorrenza non possono avere senso.

Nel merito della tesi accusatoria, poi, Mountain View contesta la definizione da parte delle istituzioni europee dei servizi di shopping : talmente stretta da escludere perfino servizi come Amazon, il cui business – secondo Google – non è stato preso minimamente in considerazione nell’analisi del calo dei contatti registrato dai siti comparatori di prezzi.

A questo si aggiunge il fatto che Bruxelles immagina un sistema secondo il quale i consumatori prima cercano un prodotto su un motore di ricerca, poi cliccano su un sito di comparazione di prezzi e quindi ripetono la ricerca. Piuttosto – sostiene Mountain View – i consumatori raggiungono i siti dei venditori in molti modi diversi : “tramite motori di ricerca generalisti, servizi di ricerca specializzati, merchant platform, social media e attraverso annunci pubblicitari serviti da diverse aziende”.

Sul punto, la Commissione avrebbe inoltre mancato di raccogliere dati a sostegno della sua tesi e di intervistare i consumatori, che secondo diversi studi messi in luce da Mountain View hanno, appunto, esperienze diverse: secondo i dati forniti da Google solo il 14,3 per cento di chi cerca informazioni sui prezzi o è interessato all’acquisto effettua prima una ricerca su Google e di questi solo il 6,7 per cento successivamente va su siti comparatori di prezzi.

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In definitiva, sostiene Google, “non c’è alcuna correlazione significativa tra l’evoluzione dei nostri servizi di ricerca e le performance dei siti comparatori” di prezzi. E la richiesta della Commissione di non utilizzare algoritmi specifici per evidenziare quelli che crede siano gli annunci pubblicitari di rivenditori più rilevanti per gli utenti (dando invece più rilevanza ai siti di comparatori di prezzi) sarebbe un passo indietro rispetto all’esperienza degli utenti e, conseguentemente, alla competitività del settore.

Nelle prossime settimane seguiranno le risposte in merito alle accuse specificatamente indirizzare dalla Commissione a tali servizi offerti sulla piattaforma Android.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
4 nov 2016
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