Mountain View (USA) – Niente più Googlebombing: l’arte di linkare termini ben specifici con particolari siti web, a scopo di generare un ranking artificioso nelle classifiche di ricerca di Google non ha più un futuro . Il codice che scandaglia i risultati dei crawler di BigG è stato aggiornato, e l’inquilino della Casa Bianca non è più in cima alla lista delle ricerche di “fallimenti” e affini.
Lo annuncia il Google Blog: dopo anni di beffe con obiettivo Bush, Berlusconi e altri noti personaggi pubblici, BigG ha deciso di tarpare le ali alla pratica del Googlebombing . Il gigante dei motori di ricerca aveva finora deciso di non intervenire direttamente , per evitare di dover modificare “manualmente” i risultati delle ricerche, anche se erano artificiosamente influenzati da una masnada di linkatori burloni.
“È uno scherzo innocente”, era sempre stata la giustificazione. Ma oltre all’ormai proverbiale miserabile fallimento ( miserable failure ) che linkava alla biografia dell’attuale presidente degli USA George Bush junior, o all’ex premier italiano Silvio Berlusconi , il Googlebombing ha da sempre suscitato polemiche in rete. Le finalità politiche di molte azioni del genere hanno più volte sconfinato nel razzismo, ad esempio, come accaduto con la parola jew , ebreo, usata per combattere la popolarità di un sito razzista e re-direzionando i link alla relativa voce sulla Wikipedia.
Accusata di fomentare la propaganda politica , lo spamdexing, lo spam a mezzo link per motivi ovviamente commerciali e la manipolazione dell’informazione, BigG ha infine deciso di agire in maniera radicale. Niente interventi manuali, ma una modifica al codice base del motore di indexing dei siti web scovati in giro dagli agenti software automatici: il nuovo algoritmo di analisi è stato pensato in modo da “accorgersi” di eventuali tentativi di Googlebombing, facendosi più acuto ed eliminando alla radice il problema.
Non molte, secondo Google, le modifiche ai risultati delle ricerche complessive, considerando che dal 2001 sono in circolazione meno di un centinaio di “bombe” ben note. Quel che è certo è che il nuovo algoritmo sembra aver debellato efficacemente queste iniziative , com’è possibile osservare ricercando i termini miserable failure ancora una volta. Ciò significa che anche quelle azioni di Googlebombing pensate per portare all’attenzione dell’opinione pubblica problemi di interesse generale, come la copertura WiMax in Italia , non potranno più avere spazio. E questo anche se saranno alimentate da molti siti web e bloggers.
Ironicamente, com’è tipico della Rete, sparisce il bombing ma non le sue crono-tracce: ora i risultati più cliccati sono le notizie della BBC e le voci della Wikipedia che parlano di Googlebombing. Ma qualche “rimasuglio” di burla, a quanto pare , ancora sopravvive …
Alfonso Maruccia
Roma – No, non mi è piaciuta la scelta di Google di eliminare il Googlebombing. A partire dalle ragioni, che si leggono sul blog ufficiale degli sviluppatori Google. “Nel tempo – dicono – abbiamo visto più e più persone ritenere che quelle fossero opinioni di Google, o che Google avesse manipolato a mano i risultati per ottenere queste risposte. Questo non è vero”.
Già, non è vero . E bastava una qualsiasi ricerca su Google, su Wikipedia così come su Punto Informatico e migliaia di altri siti per rendersi conto che il Googlebombing non rappresenta né descrive la politica dell’azienda né il suo modo di pensare. Google è attaccato continuamente per i risultati di ricerca, le accuse di manipolazione si moltiplicano da anni su molti fronti, perlopiù spinte da competitor sleali ed interessi di parte. Affermare che il primo risultato di ricerca di determinati termini e locuzioni, e stiamo parlando di un link ad un sito, costituisca quello che Google pensa è straordinario. Se qualcuno davvero ha accusato Google di svelare il proprio intimo attraverso il Googlebombing non solo ha sbagliato ma è anche totalmente digiuno di come funzioni la rete.
È una scusa debole, insomma, quella di Google. L’imbarazzo creato a George W. Bush dal “miserabile fallimento”, quello poi clonato in Italia per colpire Silvio Berlusconi, non ha danneggiato Google, è anzi la testimonianza di un interesse concreto e diffuso in rete, un’iniziativa con finalità politiche. Destinata a sollevare più ilarità che riflessioni, ma di certo utile a rendere pubblica la difficoltà con cui una parte dell’opinione pubblica ha tollerato l’opera del due volte eletto presidente americano. Non solo: dimostrava sopra ogni dubbio l’imparzialità di Google, capace di porre quel link in automatico solo perché decine, centinaia o migliaia di siti chiedevano di farlo. Era anche un riconoscimento della centralità di Google nella vita della rete.
Google parla del Googlebombing come di un “problema”. E dice chiaramente che il problema è suo, un problema di immagine . Qualcosa dev’essere cambiato a Mountain View, un tempo più della sua immagine Google curava gli interessi di chi lo ha reso quello che è. Erano gli utenti che prendevano l’iniziativa e rendevano pubbliche le proprie idee. Aver “minimizzato” il Googlebombing, come si sono affrettati a dire gli sviluppatori dell’azienda, significa né più né meno aver cancellato questa possibilità , un’opportunità spesso scomoda, come nel caso delle “bombe” razziste, ma un’opportunità di partecipazione e di nuova socialità. Non è una novità che ti aspetteresti da Google.