Sarebbe l’ultima barricata della grande muraglia digitale, svelata in un recente post pubblicato dal gigante Google. È infatti da molto tempo – circa due anni – che la Grande G riceve segnalazioni sul diffuso malfunzionamento del suo search nella rete cinese.
“Questa pagina web non è disponibile” o “la sua connessione verrà ripristinata”. Sono alcune tipologie di messaggio apparse sugli schermi dei netizen asiatici dopo aver ricercato specifiche parole chiave sul motore di BigG. Utenti impossibilitati ad usare i servizi made in Mountain View anche per parecchi minuti dagli avvisi .
Cosa è successo – e ancora succede – in Cina? La squadra di tecnici del colosso californiano si era messa all’opera per trovare il problema. Nessun guasto o anomalia, come ora sottolineato dal senior vice president Alan Eustace. Alla digitazione di determinate query di ricerca consegue l’apparizione dei messaggi e dunque il provvisorio blackout del search .
“A partire da questo momento informeremo tutti gli utenti cinesi della presenza di parole chiave che causano problemi di connessione”, ha spiegato Eustace nel post. E quali sarebbero queste keyword ? Gli stessi tecnici di BigG hanno portato a termine un’indagine per analizzare le 350mila query più popolari in terra cinese.
Si scopre così che termini come Jiang (cognome che significa altresì “fiume”) o Lijiang (città della provincia di Yunnan, una delle aree con il numero maggiore di etnie diverse) creano simili problematiche. Stesso discorso per Jiangsu Mobile , uno dei servizi di telefonia mobile, e Stephen Chow , popolare comico satirico di Hong Kong.
Mauro Vecchio