Google si difende dagli attacchi di Donald Trump con un comunicato. Parole composte, concetti chiari, una presa di posizione ferma e chiara all’insegna di quanto sempre esplicato a proposito del proprio modo di operare: i risultati nelle ricerche non sono in alcun modo manipolati per ottenere qualsivoglia risultato.
L’accusa di Donald Trump tramite Twitter aveva fatto da cassa di risonanza all’inchiesta che suggeriva uno sproporzionato uso di fonti giornalistiche di ispirazione democratica nel coprire notizie relative alla presidenza. Secondo Trump e PJMedia, insomma, il delitto perfetto sarebbe tracciato tra le SERP: Google offre su certe keyword maggiori spazi alle fonti di sinistra e così facendo porta maggior traffico laddove si annida la critica nei confronti del Presidente. Ciò sarebbe verificato (senza analisi scientifiche a supporto, ma con dati ottenuti da semplici esperimenti) tanto su Google News quanto tra le ricerche sul motore.
Le parole di Google sono esattamente in linea con quanto sempre asserito: “il nostro obiettivo è quello di essere certi che gli utenti ricevano la risposta più rilevante nel giro di pochi secondi”. E ancora: “la ricerca non è usata per impostare un’agenda politica e non influenziamo i nostri risultati verso nessuna ideologia politica. Ogni anno apportiamo centinaia di miglioramenti ai nostri algoritmi per assicurare che facciano emergere i contenuti di maggior qualità in risposta alle ricerche degli utenti. Lavoriamo continuamente per migliorare Google Search e non abbiamo mai ordinato i risultati per manipolare il sentiment politico”.
Google respinge ogni accusa, ma è chiaro il fatto che tali parole non smontino nemmeno di una virgola il castello complottista creato dal Presidente. L’accusa infatti non sembra puntare ad aprire il segreto della ricetta Google (a questo punto più segreta della Coca Cola), quanto a mettere pressione in un momento particolarmente delicato nei rapporti tra la presidenza e i big del Web. Entro pochi giorni, infatti, è atteso un incontro che metterà tutti attorno allo stesso tavolo per discutere policy, protocolli, regole e accordi da porre in essere in vista delle elezioni di medio termine.
L’elezione di Donald Trump è stata infatti accompagnata da fenomeni come Russiagate e Cambridge Analytica, che hanno in seguito calamitato le attenzioni di tutto il mondo attorno alla possibile permeabilità delle elezioni statunitensi alle influenze straniere. Gli Stati Uniti non intendono cadere nella medesima trappola, che delegittimerebbe anzitutto la solidità delle istituzioni, e questo costringe le parti ad un dialogo al quale tutti vorranno arrivare debitamente armati di validi argomenti. Donald Trump ha appena trovato il suo: le ricerche online assicurano pari dignità a tutte le parti politiche? L’algoritmo è negoziabile?
Le polemiche in salsa tweet sono solo l’antipasto di quanto si discuterà nei prossimi giorni di fronte al Congresso.