Mancano pochi giorni al lancio di Apple Music, che dal 30 giugno inaugurerà la propria fase promozionale prima di innescare i meccanismi a pagamento che la differenziano dalla concorrenza freemium, fatta eccezione per la selezione gratuita di radio Beats 1. È trascorso poco più di un mese dalla presentazione della nuova proposta di Spotify, che nutrirà gli utenti con playlist tagliate su misura delle esigenze di ciascuno. Google ha scelto questa contingenza per annunciare agli utenti statunitensi la versione gratuita e supportata dall’advertising del servizio di streaming Play Music per desktop e mobile, prima offerto solo su abbonamento.
Google ha la musica, ha le tecnologie per selezionarla e ha visibilità presso le masse connesse: con la versione addizionata di pubblicità di Google Play Music, Mountain View copre un’altra porzione dello spettro dei modelli di business per lo streaming musicale, così da monetizzare anche l’interesse di coloro che non intendano spendere 9,99 dollari.
Le nuove platee che Google intende conquistare sono innanzitutto statunitensi, sono disposte al compromesso delle interruzioni pubblicitarie e sono disposte a rinunciare alla musica puramente on demand, affidandosi alle scelte operate della Grande G sulla base di criteri come generi musicali, brani, artisti o proposte per conciliarsi con umori, attività o contesti categorizzati a monte. Ogni ora è possibile saltare sei brani fra quelli proposti, l’ascolto offline non è contemplato ma è invece offerto spazio di archiviazione per 50mila canzoni.
Mountain View mette dunque sul piatto più di quanto offra Apple con la fruizione gratuita ma passiva di radio Beats 1, meno opzioni rispetto al versante free di Spotify: la sfida alla conquista di utenti paganti è aperta, e con ogni probabilità non si giocherà solo su fattori tangibili come convenienza, vastità del catalogo e capacità di assecondare i gusti degli utenti.
Gaia Bottà