Google Shopping cambia faccia per adeguarsi alle richieste dell'antitrust

Google Shopping cambia faccia per adeguarsi alle richieste dell'antitrust

La soluzione presentata sul filo del rasoio (oggi è l'ultimo giorno per rimuovere le "frizioni" al libero mercato) sembra soddisfare l'Unione europea. Un po' meno i concorrenti, costretti a scontrarsi all'asta con Google Shopping, che opererà come se fosse un business separato
La soluzione presentata sul filo del rasoio (oggi è l'ultimo giorno per rimuovere le "frizioni" al libero mercato) sembra soddisfare l'Unione europea. Un po' meno i concorrenti, costretti a scontrarsi all'asta con Google Shopping, che opererà come se fosse un business separato

Sul filo del rasoio Google ha presentato una soluzione alternativa che potrebbe soddisfare le richieste dell’Antitrust UE in merito al servizio Google Shopping che è costato una sanzione di 2,42 miliardi di euro. La diatriba cominciata nel 2009 è mossa dalle accuse di numerosi servizi di comparazione online, primi tra tutti l’inglese Foundem, che contestano l’occupazione delle prime posizioni di ricerca per i prodotti in vendita online da parte del suo stesso servizio di comparazione Google Shopping (dai quali Google trae profitto avendo la garanzia di un numero maggiore di click ai partner presenti). Ora che la Commissione Europea ha confermato l’ostacolo al libero mercato, altro non resta da fare che trovare una soluzione che possa sanare la situazione. Accantonata l’ipotesi per Google di “riservarsi” alcuni slot pubblicitari cedendo i rimanenti al miglior offerente, si ragione su una scelta meno dispotica ma che ancora non soddisfa tutti i soggetti coinvolti.

Google shopping

A partire da oggi, il meccanismo che dovrebbe evitare la formazione di ulteriori gravi impedimenti al libero mercato si baserà ancora una volta su un sistema d’asta, ma al quale anche la stessa Google dovrà partecipare . E affinché la sua partecipazione non risulti viziata l’intero servizio di comparazione verrà gestito da un comparto a sé stante e seguirà nuove logiche di trasparenza (solo in Europa). Come riporta un portavoce di Google: “Stiamo dando ai servizi di comparazione prezzi la stessa opportunità di mostrare gli annunci dei commercianti sulle pagine di Google Search. Google Shopping concorrerà a condizioni equivalenti ed opererà come se fosse un business separato, partecipando all’asta come tutti gli altri”. Se tutto andrà per il verso giusto i concorrenti potranno scavalcare Google semplicemente offrendo un po’ di più (e viceversa). Anche in questo caso Google dovrà garantire di partecipare all’asta puntando cifre che non appaiono sproporzionate rispetto ai costi di gestione.

Una fonte di Bloomberg sostiene che nel concreto, al fine di soddisfare le richieste dell’UE, Google mostrerà all’interno della sezione pubblicitaria dieci slot con relativi prodotti e rimandi a siti di riferimento. Ciascun player potrà effettuare offerte d’asta nel tentativo di occupare gli spazi sottraendoli ai competitor . L’azienda che si aggiudicherà la spazio verrà menzionata in prossimità del prodotto presentato in maniera chiara ed evidente.

Questa soluzione, seppur necessiti di una fase di rodaggio e vigilanza, sembra incontrare i favori delle istituzioni europee finora critiche. Di altro parere sono le aziende che gestiscono siti di comparazione che per restare “in gioco” dovranno sborsare ingenti somme di denaro per battere Google. Questa volta almeno si potrà giocare ad armi pari. Più o meno.

Google tiene a precisare, per voce del suo vice presidente Kent Walker, di aver agito sempre a favore dell’utente finale. Sarebbe infatti il pubblico stesso a “preferire” il servizio di comparazione di Google in quanto più performante: “la capacità di fare le cose fatte bene non favorisce noi stessi, né un particolare sito o venditore – è il risultato di un duro lavoro e di un’innovazione costante, basata sul feedback degli utenti”, cercando di portare acqua al suo mulino.

Mirko Zago

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Pubblicato il
28 set 2017
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