Britney Spears potrebbe passare alla storia come la musa ispiratrice che cambiò per sempre la ricerca su Internet. Quella presentata questa settimana a Searchology , annuale conferenza organizzata da Google per raccontare cosa di bello hanno in serbo a Mountain View, è probabilmente tra le più imponenti rivoluzioni che il motore di ricerca (e la sua interfaccia) abbia affrontato dalla sua nascita.
La parola d’ordine è Universal Search : dallo scorso mercoledì, gli utenti di lingua inglese impegnati a cercare informazioni sul cattivo di Star Wars Darth Vader o sull’ iCEO Steve Jobs non dovranno più optare per una ricerca tra le foto, le pagine web o i video. Ne basterà soltanto una infatti per fornire loro i migliori Google-risultati presenti in rete , ottenuti miscelando assieme gli archivi che contengono siti, foto, libri, video, mappe e notizie.
Includere diverse fonti nel risultato di una singola ricerca permette di allargare la varietà e migliorare la qualità dei risultati, sostiene Google. L’idea, confessa Marissa Mayer (vicepresidente Search Product e User Experience di Google), nacque nel 2001 osservando il risultato di una pagina di ricerca sperimentale su Britney Spears: link, foto, immagini e notizie sulla lolita del pop affollavano la pagina, mostrando i limiti che la cosiddetta ricerca verticale (fatta cioè di motori specializzati per tipo di risorsa) poneva alle possibilità dell’utente.
Selezionare le migliori risorse a partire da molteplici motori può essere in effetti un lavoro complicato per l’utilizzatore: l’avvento di altri strumenti, come l’engine per la ricerca tra i video o quello per i libri, può rendere la ricerca più complessa e meno immediata di quanto desiderato. Perché dunque non lasciare che siano gli algoritmi e le macchine a farlo per l’utente?
Una idea nata per caso si è trasformata in una sfida: se all’utente si chiede semplicemente di inserire un nome o una parola da cercare, dietro le quinte si dovranno interrogare tanti database quanti tipi di risultati si sceglie di inserire nella ricerca. Bisognerà poi trovare un metodo per mescolare i risultati, continuando però a seguire una logica che permetta di collocare ai primi posti i risultati migliori per ciascuna richiesta.
Una sfida anche e soprattutto tecnologica, per garantire la velocità di feedback che è stata il cavallo di battaglia di Altavista prima e di Google poi. Ci sono voluti circa 100 ingegneri al lavoro per tre lunghi anni per portarla a termine, ed è stato necessario anche rivedere l’infrastruttura informatica che permette al motore di BigG di funzionare. A Mountain View sostengono di avercela fatta: la homepage in lingua inglese oggi appare diversa , con alcuni link che si sono spostati alla sommità della pagina stessa e con altri nuovi comparsi lì accanto. Leggermente differente anche la pagina dei risultati, che consente di avviare la riproduzione dei filmati indicizzati direttamente senza dover visitare altre pagine (ma per il momento questa funzione si limita ai video presenti su YouTube e Google Video). Anche mappe e news, con tanto di immagini esplicative, compaiono ora in linea con gli altri contenuti.
Ma le novità non si fermano qui: Google è ora anche “più bravo” a capire cosa sta cercando esattamente l’utente, aggiungendo alla pagina risultati ritenuti utili anche se non direttamente collegati alla chiave di ricerca inserita. Sono inoltre allo studio altre funzionalità, ad esempio per collocare un risultato nel preciso arco temporale in cui è stato creato, oppure per aumentare la personalizzazione della ricerca seguendo l’ispirazione e i desideri dell’utilizzatore. L’intera gamma delle novità attualmente sperimentabili è disponibile a questo indirizzo .
BigG va dunque avanti verso la personalizzazione dei servizi per gli utenti: le ultime novità, come la Web History , mostrano appunto la direzione in cui si muove lo sviluppo, cioè fornire risultati tagliati su misura per chi utilizza il servizio, senza che l’ innovazione disorienti o complichi la vita di chi sceglie Google per le proprie ricerche.
E se la rivoluzione silenziosa incontra i gusti degli utenti , la concorrenza storce il naso e si domanda come mai non riceva le stesse attenzioni che Google ottiene ogni volta che presenta una novità. Eckart Walther, vicepresidente di Yahoo, ad esempio rivendica ben tre anni di lavoro sul modello orizzontale del proprio motore di ricerca.
Ma un motivo, ribattono gli esperti, c’è: Google riesce ancora a stare un passo avanti a tutti, lo dimostrerebbero progetti innovativi come CLIR (Cross-Language Information Retrieval). I concorrenti sono avvisati, ci vorrà ben altro per scalzare BigG dal primato che si è guadagnato.
Luca Annunziata