BigG aveva promesso di limitare al minimo la propria invasività, aveva assicurato ai netizen cookie più buoni, aveva garantito che i dati relativi alla vita online dei cittadini sarebbero stati sbriciolati in archivi settoriali, dai quali non sarebbe stato possibile ricostruire la vita del cittadino della rete. Ma queste sono tuttora promesse non mantenute.
Google, pressata dalle critiche sollevate dai difensori della privacy, pungolata dalle autorità incaricate di valutare l’ acquisizione di DoubleClick , si era spinta a configurare l’avvento di tecnologie capaci di spezzettare i dati associati al cookie identificativo dispensato a ciascun utente, in un’infinità di cookie contenenti dati parziali . Google aveva definito la procedura “uno sbriciolamento di cookie”: a partire dalle briciole di dati, sarebbe stato impossibile risalire alla storia sul web degli utenti.
Ma ora, a mesi dalle assicurazioni fornite dal gigante di search e advertising, non si sono potuti apprezzare progressi, osserva il Financial Times : interpretando le parole del CEO Eric Schmitdt, l’autorevole quotidiano arguisce che nulla sia stato fatto per tutelare gli utenti e ha ragione di credere che Google si stia preparando ad ammettere che la privacy è una questione secondaria quando c’è la possibilità di guadagnare sui dati che riguardano i cittadini della rete.
Google si nasconde dietro alle lungaggini burocratiche che hanno impedito di lavorare a tutte le questioni correlate all’acquisizione di DoubleClick, attribuisce lo scarso impegno profuso nell’opera di addolcimento dei cookie a degli ostacoli di natura tecnica : “Quello che abbiamo scoperto riguardo ai cookie – ha spiegato Schmitdt – è che ogni questione che li riguarda si trasforma in un lungo dibattito”.
Queste giustificazioni addotte dal CEO di Google, a parere del Financial Times , potrebbero preludere ad un atteggiamento meno accondiscendente: benché Google non sembri detenere il primato di azienda tracciante, sta lavorando a numerose tecnologie di behavioral targeting , in grado di analizzare e interpretare i comportamenti degli utenti per propinare loro pubblicità sempre più mirata, sempre più di valore per gli inserzionisti. Sono tecnologie su cui Google tende a tacere , strategie di profilazione che, spiegano i dirigenti di Mountain View, BigG implementerà solo quando l’industria dell’advertising le avrà considerate pratiche accettabili .
Se i netizen sembrano essere già sulla buona strada per abbracciarle, sono feroci le critiche che giungono dalle associazioni che si schierano a favore dei diritti dei cittadini della rete, infervorati contro l’inattività di Google e contro le strategie invasive a cui il colosso dell’advertising sta lavorando per massimizzare l’efficacia del proprio artiglio pubblicitario. “Erano questioni che si sarebbero dovute discutere durante la revisione della fusione con DoubleClick” ha commentato Marc Rotenberg, a capo di Electronic Privacy Information Center ( EPIC ): le concessioni di BigG sul fronte della privacy, suggeriscono in molti, si assottiglieranno sempre più ora che le autorità hanno deliberato a favore del più potente polo dell’advertising online.
Gaia Bottà