I Google Glass, secondo indiscrezioni, sarebbero pronti a ripartire con un nuovo nome, Project Aura : così Google si riserva la possibilità di un nuovo inizio per non abbandonare i suoi sogni di occhiali intelligenti attraverso cui mettere davanti agli occhi di tutti i propri servizi online.
Gli smart glass che avrebbero dovuto rappresentare il prodotto pioniere e punta di diamante del settore IoT e delle tecnologie indossabili di Google non è mai decollato, tanto da convincere Mountain View a fare un passo indietro, fino praticamente ad azzerare il progetto ripartendo da un cambio di strategia culminato a febbraio con l’uscita del progetto dai laboratori sperimentali di Google X per essere affidato ad una divisione ad hoc. Per quanto non si attendano effettivi lanci di nuovi Glass da parte di Google nel prossimo futuro, Mountain View ha dunque semplicemente fatto ripartire il progetto, e per farlo gli ha cambiato nome: da Google Glass a Project Aura.
Si tratta di una scelta simbolica più che sostanziale, ed è inoltre specchio della volontà di rilanciare l’immagine di un prodotto che finora non è riuscito a rappresentarsi agli occhi degli utenti con il giusto appeal: anzi, addirittura ben prima di diventare un prodotto di consumo, era già finito per essere oggetto di meme.
La scelta del nuovo nome è frutto di una consultazione interna e da Mountain View non hanno ancora commentato l’indiscrezione, tuttavia in diversi profili Linkedin di suoi dipendenti, tra cui tre ingegneri già impegnati nel Lab126 di Amazon, figura “Project Aura” tra le competenze,.
Altre indiscrezioni , poi, confermano indirettamente la natura del nuovo nome e riguardano la collocazione di Project Aura all’interno della nuova realtà Alphabet: rimarrà tra i progetti di Google non come un’azienda indipendente ( come Google Life Sciences ed i progetti legati alla salute) o finendo tra i progetti delle app di Nest, anche se il CEO di quest’ultimo – Tony Fadell – sembra che continuerà a ricoprire un ruolo strategico e di supervisione sullo sviluppo degli smart glass.
Claudio Tamburrino