Il “riparalo da te” va forte online. E a testimoniarlo è Google, che attraverso il suo blog conferma il trend di crescita delle ricerche riguardanti i modi di riparare oggetti (specialmente in casa). E il successo delle chiavi di ricerca di questo tipo viene celebrato dall’azienda con lo zampino di alcuni noti designer ingaggiati nel progetto Google News Lab. Le loro rappresentazioni grafiche aiutano a comprendere a colpo d’occhio quali sono gli “how to fix” più richiesti nelle varie aree del mondo. Con l’aiuto di Xaquín González Veira è stato creato un sito responsive interamente dedicato al tema dal titolo how-to-fix-a-toilet.com .
Nel sito vi è la possibilità di selezionare l’area geografica di interesse per vedere in tempo reale alcune modifiche prendere vita sulla relativa infografica (che riprende le sembianze di un’abitazione). Gli oggetti cambiano dimensione a seconda del volume di ricerca associato . Così si scopre ad esempio che in Italia i problemi maggiori si hanno con la lavatrice, mentre i cugini francesi e i fratelli spagnoli hanno invece più problemi con le porte e così via. O per meglio dire: tentano di riparare questi oggetti da sé.
“Siamo diventati così dipendenti dal liberarci dalle informazioni, dall’alleviare il nostro cervello dal mantenerle depositate che abbiamo dimenticato come fare alcuni compiti fondamentali”, che non c’è poi tanto da stupirsi se online si chiede “come bollire un uovo” – si legge sul sito. Quest’ultimo esempio apre le porte ad un altro filone di domande censite dal team di lavoro. Quelle relative alla cucina, meno sbalorditive forse dei consigli relativi all’amore e all’affinità di coppia (dove il “come si bacia?” e “come si rimane incinta?” la fanno da padrone), si affiancano a consigli su temi un po’ più noiosi (“come scrivere una lettera di presentazioni” o “come fare soldi”), pratici (“come annodare una cravatta”), salutistici (“come mantenersi in forma”, “come perdere peso”) e via dicendo.
Questa è la top ten:
“Così… come è evidente leggendolo, questo lavoro mira a evidenziare quanto dipendiamo dalla ricerca per sapere come fare le cose quotidiane: quelle che esistevano molto prima di Internet, quelle che vorremmo davvero chiedere ai nostri genitori, alla famiglia o agli amici. In quello spirito, abbiamo scartato la miriade di questioni legate alla tecnologia su come risolvere e fare determinate attività legate a computer, smartphone… e quelle inadatte” – conferma il team.
Si tratta effettivamente di un lavoro che non ha nulla di comparabile con altri strumenti di Google utili a misurare l’efficacia di parole chiave o il loro reale trend di ricerca. Non è questo il suo scopo. La sfumatura in questo caso è più sociologica e vicina al mondo giornalistico . Utili, interessanti, alcuni termini di ricerca sono effettivamente curiosi, sottolineano alcune debolezze della nostra società e il rapporto sempre più morboso con la tecnologia e per questo l’analisi gode di notiziabilità. Il team di Google Lab ha utilizzato questa esperienza in un’ottica di data journalism e nuovo modo di riassumere storie (come confermato dallo stesso data Editor Simon Rogers), Google d’altronde ha recentemente investito numerose risorse sul giornalismo digitale e questa rientra a pieno titolo in una delle nuove esperienze di fruizione per l’utente (suppure si stia ancora parlando di informazioni autoreferenziali). Il perché ci siamo ridotti a chiedere a Google “come fare ad essere felici” rimane invece un tema aperto.
Mirko Zago