Google, sulla Cina è no comment

Google, sulla Cina è no comment

Da Mountain View non arriva alcuna conferma. Le voci vogliono BigG fuori dalla Cina dalla prossima settimana, ma si tratta di notizie provenienti da fonti non verificabili
Da Mountain View non arriva alcuna conferma. Le voci vogliono BigG fuori dalla Cina dalla prossima settimana, ma si tratta di notizie provenienti da fonti non verificabili

Nelle scorse ore aveva fatto persino capolino una lettera firmata dai partner cinesi di Google, una lettera che chiedeva a BigG di non lasciare il paese per non mettere in crisi il mercato dell’indotto legato ai suoi servizi: una lettera rivelatasi poi falsa e, se la questione dovesse fungere da cartina di tornasole per questa vicenda, forse sarebbe bene archiviare le ultime indiscrezioni sul destino di Google in Cina sotto la voce “pettegolezzi”. Si tratta di confidenze di seconda mano , raccolte senza verifica, che non hanno trovato conferma a Mountain View.

La notizia dell’ imminente dismissione delle attività cinesi di Google , o per meglio dire “la voce”, è partita dalla testata China Business News , che cita fantomatiche e non meglio precisate fonti vicine a Google China. Secondo le informazioni riportate, tuttavia, la chiusura delle attività non comporterebbe la totale uscita di scena di BigG dal mercato di Pechino: si tratterebbe unicamente di mettere fine alle attività di google.cn , mentre dovrebbero restare in piedi tutte le altre voci relative all’advertising e agli altri business della multinazionale web.

Per altro, spiega il Financial Times , l’assetto societario di Google in terra cinese è complesso : il dominio google.cn fa capo a una società differente da quella che impiega i tecnici a lavoro su ricerca e sviluppo per le applicazioni in lingua locale, e pertanto, anche se dovesse venir meno la joint venture con gli imprenditori locali che nel 2006 ha dato alla luce il motore localizzato (condizione necessaria per aprire un dominio con quella desinenza), non è detto che ciò metta fine definitivamente a ogni sforzo di conquistare quel mercato.

Come detto, la decisione di smantellare il search in Cina potrebbe non avere conseguenze dirette sulle altre attività di BigG : lasciare a Baidu il fertile terreno degli quasi 400 milioni di navigatori cinesi avrà senz’altro un peso, ma probabilmente le performance e l’appeal esercitato dalla grande G sui netizen al di là della Grande Muraglia (un giro d’affari stimato da poco meno di 350 milioni di dollari nel 2009) non giustificano le remore dei suoi gestori tanto da costituire un ostacolo alla decisione. Gli stessi servizi ora disponibili su google.cn potrebbero poi essere traghettati su google.com : scavalcando i limiti imposti dal Governo soprattutto in fatto di filtraggio, ma esponendosi ovviamente a eventuali analoghe “ritorsioni” filtranti.

Punto Informatico ha chiesto conferma di queste voci a Google: l’ultimo annuncio relativo alla questione, datato 12 gennaio , riporta unicamente le informazioni inerenti l’ormai famigerato attacco subito dai servizi targati Mountain View, e a quello non sono seguite per il momento ulteriori comunicazioni da parte del Googleplex. E la situazione non è cambiata, visto che le “notizie” ci China Business News non hanno trovato riscontro in dichiarazioni ufficiali. Da Mountain View, per il momento, è no comment : dall’esito di questa vicenda, probabilmente, dipende anche il futuro dei rapporti economici complessivi tra Stati Uniti e Cina.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
19 mar 2010
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