Ancora problemi di tasse non pagate per i cosiddetti “Over the top”. Questa volta l’imputato è Google e il territorio di riferimento è l’Indonesia. Durante una conferenza stampa il ministro delle finanze indonesiano, Sri Mulyani Indrawati, ha intimato al colosso di Moutain View di pagare tutte le tasse dovute. L’accusa è grave. Stando a quanto riportato da Reuters , Google Indonesia avrebbe pagato meno dello 0,1 per cento di quanto spetterebbe allo stato indonesiano. L’azienda dovrebbe saldare un salatissimo conto di oltre 400 milioni di dollari (o comunque l’equivalente in moneta locale) solo per il 2015. Il totale non è chiaro, ma sarà decisamente superiore, dal momento che l’accusa riguarda almeno 5 anni di tasse non pagate . Le cifre sono ufficiali, in quanto sono comunicate da una fonte diretta: Muhammad Haniv, capo della divisione “casi speciali” della sezione tasse del Ministero delle finanze indonesiano.
Interpellata sulla vicenda, la divisione indonesiana di Google ha ribadito quando dichiarato già la scorsa settimana, ossia che ha pagato tutto quel che doveva e che comunque continua a cooperare con le autorità locali. Il Jakarta Post fa notare però che in passato è accaduto l’opposto , cioè il Ministero delle Finanze è arrivato a questa decisione proprio perché Google si è rifiutata di collaborare , dopo aver ricevuto già una lettera in merito lo scorso aprile.
Il ministro Sri Mulyani ha fatto presente che le misure adottate dalla Direzione Generale Tasse nei confronti di Google sono basate sulle leggi locali, secondo cui tutte le transazioni che avvengono in Indonesia – comprese quelle online – sono soggette a tassazione .
L’Indonesia è il più grande mercato del sud-est asiatico, una piazza nuova per certi versi e di certo in piena espansione. Google ci ha puntato molto, basti pensare a “Loon” , il progetto-test che distribuisce connettività Internet wireless attraverso decine di palloni aerostatici. L’azienda oggi è molto radicata nel paese, fattura tantissimo anche qui, soprattutto attraverso AdWords – un po’ come in tutti gli altri paesi del mondo in cui è presente – ma in questo caso non avrebbe pagato tutte le tasse previste dalle leggi locali.
L’accusa è chiara, ma il punto di vista dell’azienda fondata da Brin e Page è però differente. Secondo Google, la fatturazione delle operazioni che avvengono in Indonesia ricadrebbe sotto la giurisdizione di Singapore (un paese in cui la tassazione sulle aziende è tra le più basse del mondo). Lo scorso giugno Google Asia Pacific, che ha sede proprio a Singapore, ha declinato di rispondere alle accuse di frode fiscale da parte del Ministero delle Finanze – o meglio si è rifiutata di fare un “audit” , una verifica sulle tasse pagate – e questo ha portato all’inasprimento dell’indagine e all’apertura ufficiale di una procedura penale di infrazione.
Cosa succederà ora? Difficile dirlo. Probabilmente la contrattazione tra il governo e l’azienda si protrarrà ancora. Difficile pensare che Google chiuda la sede indonesiana e si ritiri ufficialmente dal paese. L’Indonesia comunque ha deciso di iniziare ad alzare la testa. Google non sarà la sola a subire indagini approfondite da parte dell’ufficio tasse del ministero. È in atto un importante tentativo del governo locale di ridurre il grosso deficit , per cui vedremo certamente nuovi casi del genere, pare anche per finanziare un sontuoso piano di riforme strutturale. Lo stesso Haniv ha dichiarato che l’ufficio tasse ha già pianificato di fare indagini simili su altre grosse aziende che basano il loro business su Internet e che operano in Indonesia.
Problemi di questo genere, comunque, non sono nuovi e non riguardano certo solo l’Indonesia. Google sta avendo problemi simili anche con il governo spagnolo con quello francese e con quello italiano . Ma non è la sola. Altre aziende della stazza di Google sono state accusate di reati fiscali. Ad esempio, proprio qualche settimane fa la Commissione Europea ha accusato l’Irlanda di aver favorito Apple permettendogli di risparmiare fino a 13 miliardi di euro di tasse . E l’azienda diretta da Tim Cook ha ricevuto sanzioni anche dal Ministero delle Finanze giapponese e da quello italiano .
Nicola Bruno