A seguito delle polemiche sollevate intorno alla sicurezza delle driverless car, a seguito delle promesse di trasparenza formulate da Google, Mountain View ha rilasciato il primo dei bollettini mensili con cui darà conto degli incidenti in cui incorrono le sue automobili senza pilota.
Per dimostrare che gli impatti in cui sono state coinvolte le driverless car sono frutto dell’errore umano e non della fallacia degli algoritmi, e che le collisioni hanno causato solo danni di entità minima, il report rilasciato da Google prende in esame tutti gli incidenti avvenuti fino ad ora, nel corso dei sei anni di sperimentazioni e lungo il milione di miglia percorso in modalità autonoma e le 800mila miglia macinate sotto il controllo di un autista umano.
I 12 incidenti di cui si era già appreso di recente in maniera frammentaria sono ora descritti con dovizia di particolari, con la precisa indicazione del luogo e del contesto dell’impatto: dal primo scontro del maggio 2010, causato da un automobilista disattento che tamponò una Prius ferma al semaforo, all’ultimo tamponamento dello scorso mese di maggio ai danni di una Lexus driverless, Google riferisce che i sinistri in cui le proprie auto sono state coinvolte non hanno dato origine ad alcun nessun danno per i guidatori e i passeggeri.
“In nessun caso la causa degli incidenti è attribuibile alle auto autonome” riferisce Google: se l’iniziativa dei bollettini mensili contribuirà probabilmente a rassicurare cittadini e autorità, la trasparenza riguardo all’affidabilità dei veicoli autonomi potrà contribuire a delineare nuovi scenari da parte di regolatori e mercato. La tracciabilità assoluta delle driverless car, suggerisce ad esempio uno studio pubblicato sul Yale Journal of Law & Technology se da un lato comporta che il proprietario abdichi alle proprie aspettative di privacy, consentirebbe alle compagnie assicurative di monitorare con precisione i loro percorsi, i loro movimenti e i loro errori, ridefinendo il regime delle responsabilità, e magari coinvolgendo le aziende che si sono adoperate con i propri algoritmi per eliminare l’errore umano dietro al volante.
Gaia Bottà