Una frase attribuita a Steve Jobs, ma chissà a chi l’avrá “rubata” lui, suona pressapoco così: coloro i quali vogliono fare sul serio col software, devono creare il proprio hardware . Un approccio che nel corso degli anni ha premiato Apple, ma anche IBM, Sun, e volendo anche Oracle: la lista sarebbe lunga, tanto vale citare solo i primi attori di questa tendenza.
La mossa di Google, che in pieno agosto si è pappata Motorola Mobility per una cifra stellare , si inserisce in questo trend: molto del futuro di BigG passa dal mobile, Android è figlio di questa consapevolezza, e Larry Page novello CEO non si è fatto sfuggire un’occasione. Sarà il tempo a dire se avrá fatto un affare o se avrà puntato sul cavallo sbagliato. D’altra parte, Motorola é la sola azienda USA con qualche voce in capitolo nella questione smartphone, una scelta quasi obbligata se non si vuole dover continuamente volare in, e trattare continuamente con l’Asia.
La mossa di Page, seppur smaccatamente costosa, appare comunque dannatamente sensata: Motorola ha prodotto fino a questo punto dei buoni terminali Android , tra i migliori in circolazione, e ha lavorato con un buon risultato (seppur perfettibile) anche nel settore tablet con il suo Xoom . Viste le voci della scorsa settimana, poi, che vedevano prima Moto impegnata nel riflettere se adottare Windows Phone nel suo ecosistema, e poi ponderare addirittura un’azione di patent trolling su Android, meglio correre ai ripari e “bloccare” sul nascere una potenziale minaccia per il successo del sistema operativo mobile di Google.
Di sicuro in qualche misura la politica e la filosofia dell’approccio Moto ad Android cambieranno: fino a questo punto l’azienda è stata, ad esempio, molto restia a concedere agli utenti pieni poteri sui device da loro acquistati, mentre se Google intende tener fede al suo motto di bontà (“don’t be evil”, dicono a Mountain View) e ai suoi principi di apertura del software, dovrebbe imprimere una svolta open e generosa ai paradigmi di design e programmazione della appena acquisita azienda dell’Illinois.
Come detto, oggi appare impossibile anticipare quale sarà il risultato della mossa di Page: di certo servirà a ridurre drasticamente il problema principale che fin qui ha afflitto Android, ovvvero la profonda frammentazione dell’OS in tante (troppe) varianti per ciascun modello e produttore , dialetti che in molti casi hanno finito per esser quasi incomprensibili l’uno per l’altro o comunque poco interoperabili tra loro. Motorola a Mountain View significa uno, o dieci, dispositivi Nexus l’anno, modellati davvero sulle specifiche e sulle esigenze di Google, a fare da “standard” e probabilmente da best seller tra il pubblico.
Google dunque ha fatto benone a compiere il grande passo da software ad hardware? Probabilmente sì. Questa mossa è priva di rischi? Sì e no: Apple ci ha messo anni ad arrivare a creare un ecosistema coerente e solido che spazia dai PC agli smartphone, gli esempi di RIM e Palm, due navigati produttori che hanno stentato a produrre negli ultimi anni modelli all’altezza della competizione sul mercato, lasciano intendere che il successo non sará né scontato né garantito per BigG . Di buono per Mountain View c’è che il lavoro portato avanti da Motorola con i broadcaster e le TV potrebbe garantire un po’ di ossigeno alla sua fin qui poco fortunata Google TV.
Comunque si tratta di una notizia positiva per i consumatori: l’offerta Android sará piú solida negli anni a venire, affiancata da un connubio Nokia-Microsoft che fará sicuramente buone cose di Windows Phone, e i grandi produttori asiatici HTC, Samsung e LG (mettiamoci anche Sony-Ericsson) che terranno senz’altro viva l’arena con le rispettive proposte – sempre che nel frattempo la novità non li spinga a rivedere le proprie politiche e i propri piani per il sistema operativo da montare sui propri device. Per Google, invece, c’è da segnalare come il suo CEO sia in movimento e desideroso di imprimere il proprio marchio sulla nuova gestione : una circostanza che senz’altro i mercati finanziari non mancheranno di premiare, e che con un po’ di fortuna potrebbe segnare un ulteriore rilancio per le già ben avviate inziative di BigG.
Luca Annunziata