Governo, un decreto per la Banca del DNA

Governo, un decreto per la Banca del DNA

Il Consiglio dei Ministri approva un decreto che prevede, tra le altre cose, l'istituzione della banca dati nazionale del DNA. Una misura prevista da anni, che ora è di prepotente attualità visti i fatti di Bruxelles
Il Consiglio dei Ministri approva un decreto che prevede, tra le altre cose, l'istituzione della banca dati nazionale del DNA. Una misura prevista da anni, che ora è di prepotente attualità visti i fatti di Bruxelles

Il governo italiano ha approvato l’istituzione della Banca dati nazionale del DNA, un provvedimento dalla portata a dir poco storica che si richiama a un trattato stipulato più di dieci anni fa. La Banca dati dovrebbe in teoria servire al contrasto alla criminalità e al terrorismo, mentre sul fronte della protezione della riservatezza c’è una sentenza europea a fare da paletto.

Istituita presso il Dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno, la nuova banca dati biometrica si accompagnerà a un “Laboratorio centrale” gestito dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dipendente dal Ministero della Giustizia.

Per come la descrive il governo, la banca dati del DNA avrà il compito di “facilitare le attività di identificazione delle persone scomparse, mediante acquisizione di elementi informativi della persona scomparsa allo scopo di ottenere il profilo del DNA e di effettuare i conseguenti confronti.”

In sostanza le autorità raccoglieranno campioni genetici di sospetti, criminali e persone scomparse allo scopo di risolvere casi giudiziari o di contrastare il terrorismo, una pratica già adottata da anni con ampia libertà discrezionale da parte delle forze di polizia impegnate nei casi di cronaca nera più spinosi.

Il decreto del governo descrive le modalità di prelievo e trattamento dei campioni, e prevede (almeno sulla carta) che questi vengano eliminati nei casi opportuni come nel ritrovamento di una persona scomparsa, nel proscioglimento di un sospetto per non aver commesso il fatto e altro ancora.

Il Palazzo esalta i prelievi genetici come una nuova “formidabile” arma per la lotta al terrorismo e alla criminalità, ufficialmente sono tutti d’accordo e si trincerano dietro gli impegni già presi nel 2009 con il Trattato di Prum . Anche il Garante per la protezione dei dati personali ha da tempo approvato “con osservazioni”.

Quello che nessuno dice, prevedibilmente, è che la profilazione genetica è uno strumento che si presta facilmente all’abuso, per non parlare degli enormi rischi di sicurezza connessi alla compromissione dei dati: una password si può facilmente cambiare, un tratto genetico o biometrico certamente no.

I politici italiani e non, il fatto è notorio tendono con estrema libertà ad attribuire alla tecnologia tanto la responsabilità di brutture che scuotono la società quanto poteri salvifici, come in questo caso. Augurabilmente, contro i possibili abusi della nuova banca del DNA dovrebbe bastare la sentenza del 2008 della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo contro la profilazione immotivata.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
25 mar 2016
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