Alle mirabolanti qualità del grafene , materiale monoatomico al carbonio tra i più sperimentati al mondo ma ancora con zero applicazioni commerciali, occorre ora aggiungere quella di “potenziare” le batterie dopo un bel bagnetto caldo attraverso un processo molto simile alla frittura nell’olio bollente.
La notizia arriva dalla Corea del Sud , dove i ricercatori hanno fatto passare una sospensione acquosa di ossido di grafene attraverso un beccuccio ultrasonico , “spruzzando” la soluzione verso il basso in un miscuglio di solvente organico e acido ascorbico riscaldato a 160 gradi centigradi.
Il processo rassomiglia all’immersione nell’olio bollente, dicono i ricercatori, con i fiocchi di ossido di grafene che vanno a formare uno strato di grafene vero e proprio che poi si contrae su se stesso. Il risultato finale sono una serie di “nanofogli” di grafene, simili a pon-pon e delle dimensioni di 5 nanometri.
Applicando i ponpon agli elettrodi di una batteria, si ottiene una capacità superiore anche in confronto ai fogli di grafene “ordinari”. Il tutto, bene inteso, vale negli ambienti asettici di un laboratorio ed è ancora ben lontano dai processi produttivi in serie adottati dall’industria.
Alfonso Maruccia