“Personalmente a me hanno detto di farmi una vita prima con i mud, poi con i MMORPG, poi quando ho aperto un blog, poi quando parlavo di social network. Nell’Inghilterra della tradizione orale, nel Settecento, un nobile che aveva dedicato 10 anni a scrivere un saggio di storia naturale, veniva preso in giro dai suo colleghi di sangue blu: ma come, perdi ancora tempo dietro ai libri? . È tutto normale. Succede e succederà sempre”. Giuseppe Granieri , esploratore di media sociali, blogger, avatar e lungimirante, racconta a Punto Informatico le dinamiche dei mondi metaforici oltre la lente dei media. Sono ancora una frontiera da conquistare, “serve tempo e umiltà di capire, studiare, sperimentare”, ma quando persone e aziende impareranno a interpretarne la vocazione, le piattaforme come Second Life potranno integrarsi nella quotidianità, così come è avvenuto per il Web.
“Di virtuale non c’è nulla: l’avatar è una nostra interfaccia digitale che consente a noi di operare e fare cose in maniera immateriale”: per questo motivo Granieri parla di “mondi metaforici”, ambienti e piattaforme in cui le persone fanno un’infinità di cose reali, che hanno un impatto sulla propria vita, e lo fanno in modo immateriale, in uno spazio non fisico, con la mediazione della tecnologia. Questo, spiega Granieri a Punto Informatico , è uno dei primi nodi da sciogliere per scrollarsi di dosso i luoghi comuni, iniziare a capire i metamondi e attribuirgli un significato.
Certo, non è un’impresa facile, in un momento in cui il mondo analogico sta tentando l’approccio con il digitale, in un momento in cui buona parte dei media e delle autorità, secolari e spirituali che siano, leggono nella rete un pericolo che incombe piuttosto che un’ opportunità da introiettare . “Siamo in pieno cambiamento culturale e la conoscenza normalmente procede per gradini e tempi sociali” osserva Granieri. È quindi comprensibile che i tempi di interiorizzazione siano lunghi e non scevri da perplessità e ostacoli cognitivi: “Una persona che viene da un mondo totalmente analogico potrebbe metterci molto a comprendere cosa sta succedendo, ma è abbastanza fisiologico in una cultura – come quella occidentale – che sta migrando in maniera molto profonda da un modello, quello del XX secolo, a un altro, quello digitale”. Ad opporre resistenze, sono gli stessi cittadini della rete: “Il cambiamento poi è velocissimo, basti pensare che moltissimi blogger e appassionati di rete sociale ancora non riescono a comprendere, al di fuori del luogo comune e del pregiudizio, lo scarto necessario per entrare nell’avatar “.
Granieri è attivamente impegnato in Second Life, ha fondato unAcademy un progetto multicanale per mettere in circolo la cultura e per fare formazione basata su media sociali, è impegnato in progetti come Kublai , laboratorio di creatività che fa perno su Second Life: “Gli italiani su Second Life fanno tantissime cose, seguendo le vocazioni della piattaforma. Che, attualmente, facilitano moltissimo le attività esperienziali come ad esempio la didattica”. “Ciascuno segue e coltiva i propri interessi, in Second Life come nel web – sottolinea – C’è gente che la usa per giochi di ruolo, c’è chi segue gli eventi culturali (numerosissimi ogni giorno), c’è chi sperimenta, chi costruisce sistemi di relazioni, eccetera. Come nella vita normale, c’è anche chi si interessa ad aspetti sensuali o sentimentali”.
Della comunità italiana che gravita attorno a Second Life si snocciolano numeri, si parla di 23mila utenti attivi su 500mila registrati, ma Granieri sottolinea che “la rete funziona per nicchie di interesse e per vocazioni di piattaforme”. “Second Life – chiarisce Granieri – non è una piattaforma di massa e non c’è nessuna ragione per giudicarla attraverso i numeri assoluti, è una piattaforma in cui conta la qualità del contatto e non la quantità dei contatti. Se in Second Life abbiamo 45 avatar che seguono una conferenza di Enrico Menduni o di Derrick de Kerckhove, comodamente da casa e con una capacità di interazione per certi versi superiore al reale, va benissimo”. La situazione, però, cambia nel momento in cui le aziende si proiettano nei mondi metaforici per perseguire obiettivi di business, per rivolgersi a vaste platee.
“Se pensiamo di utilizzare Second Life per una grande operazione di marketing, con grandi numeri – spiega Granieri a Punto Informatico – allora probabilmente abbiamo bisogno prima di comprendere la grammatica dello strumento e poi, soprattutto, di un’idea veramente buona”. Sono numerosissime le realtà aziendali, IBM in primis, che si sono insediate in Second Life con gli obiettivi più disparati, per assolvere alle necessità di comunicazione interna e per attribuire alla propria immagine un alone di novità. Se c’è chi, come l’avatar e teorico dei metamondi Wagner James Au , assicura che le iniziative capaci di declinarsi nei metamondi abbiano potenzialità non indifferenti, ci sono media che iniziano a descrivere Second Life come una landa desolata. È una questione di target, chiosa Granieri: “Si tratta di osservazioni banali e mediamente disinformate: se alcune aziende lasciano Second Life, come Coca-Cola, lo fanno per passare ad investire in altri mondi metaforici in cui il loro target è più presente: Second Life infatti ha un utilizzatore medio tra i 30 e i 40 anni”. È altresì fondamentale non sottovalutare l’impegno che richiede una sperimentazione in un terreno ancora tutto da inventare, i cui linguaggi sono da interpretare e sviluppare: “Le aziende in altri casi abbandonano come facevano all’inizio della storia del web, perché mal consigliate da chi prometteva loro risultati non coerenti con la grammatica e la vocazione degli strumenti. Ma è solo un esempio: quando abbiamo qualcosa di nuovo, lo valutiamo in genere con i canoni che avevamo per valutare le cose vecchie. Ci vuole tempo per imparare a valutare utilizzando categorie adeguate”.
“Anche in Italia – spiega Granieri a Punto Informatico – si stanno muovendo molte cose, ancora a livello di sperimentazione e di early adopter “. Si comincia a sondare il terreno, si comincia a prendere confidenza con lo strumento: “La prima ondata di massa, quella della curva di accettazione delle innovazioni da parte di una società, deve ancora arrivare. Ma è ancora un po’ presto – ammette Granieri – per la capacità tecnologica (un’isola di Second Life comincia ad andare in crisi con più di 40 avatar) e per lo sviluppo di soluzioni “ponte” tra innovatori e utilizzatori”.
“È sul termine esperienza che bisogna ragionare – esplicita Granieri – come sul web si ragiona sulla dimensione informativa”. Su Second Life c’è ancora molto da lavorare, con il vantaggio che saranno i netizen a imprimere la direzione: “Second Life (che poi oggi è solo uno dei quasi cento mondi disponibili) è uno strumento ancora irrisolto, con qualche problema tecnico e delle barriere tecnologiche in ingresso, un po’ come il web nel 1996. Dobbiamo imparare ad usarlo, capire qual è la sua vocazione (che, al momento, proprio non mi pare quella da luogo comune del marketing di massa) e svilupparlo collettivamente, con idee e nuove soluzioni. Esattamente come è stato fatto con il web, in fondo Second Life è fatta dagli utenti”. Se a parere di Granieri “il web ormai è, come è normale che sia, territorio di mero rinnovamento”, l'”innovazione e la possibilità di ricerca” risiedono “nei mondi metaforici e negli ambienti esperienziali”. Il futuro? “I mondi virtuali sono potentissimi – Granieri non ha dubbi – saranno usati da tutti, diventeranno una commodity come lo è oggi il web. Poi, il come e il cosa li scopriremo passo passo”.
a cura di Gaia Bottà