Ieri Google ha reso nota una caratteristica del nuovo Chrome 4.0 che fino ad oggi era stata poco o affatto pubblicizzata: il supporto nativo agli script Greasemonkey .
Greasemonkey, una delle estensioni più scaricate per Firefox, consente agli utenti di installare degli script capaci di aggiungere funzionalità al browser e modificare in tempo reale il contenuto di una pagina web. Per un browser supportare Greasemonkey significa rendere da subito disponibili ai suoi utenti migliaia di script, tutti scaricabili dal sito userscripts.org .
Negli scorsi anni Greasemonkey è stato implementato, anche se in modo non sempre ufficiale e completo, all’interno di altri browser oltre a Firefox: tra questi si citano Epiphany, Opera, Internet Explorer ( IE7Pro , Trixie ) e Safari ( GraseKit ).
Ad occuparsi dell’implementazione per Chrome è stato lo stesso creatore originario di Greasemonkey, Aaron Boodman, che non a caso è attualmente impiegato presso BigG e lavora attivamente allo sviluppo di Chrome. Boodman fa notare in questo suo post che non tutte le estensioni scritte per Greasemonkey (oltre 40mila) funzionano con Chrome, ma la percentuale di script incompatibili non dovrebbe superare il 15-25% del totale. Lo sviluppatore si è inoltre impegnato ad affinare il supporto a Greasemonkey, così da migliorarne la compatibilità con l’implementazione originaria.
Insieme all’introduzione del supporto ufficiale alle estensioni, l’implementazione di Greasemonkey all’interno di Chrome rappresenta un’altra frecciata verso Firefox, il quale perde così un altro importante fattore di distinguo con il giovane rivale. Google non sembra più far segreto della volontà di conquistare il mercato dei browser, possibilmente in tempi brevi.
Dal momento che gli script Greasemonkey vengono convertiti internamente da Chrome in estensioni, i due tipi di add-on possono essere installati e gestiti dagli utenti nello stesso identico modo. Ma se per l’utente questa conversione è del tutto trasparente, la differenza tra uno user script e una estensione c’è, soprattutto a livello di privacy: Boodman avvisa che gli script Greasemonkey possono accedere a dati potenzialmente sensibili, come webmail e password, e per tale ragione vanno installati con cognizione di causa.
Garett Rogers, di ZDNet , s’interroga sul perché Google abbia deciso di implementare nel suo browser due differenti tipi di add-on: tanto valeva – afferma il blogger – che Google implementasse fin dall’inizio Greasemonkey come unico e solo framework per le estensioni. In realtà, come spiegato da Boodman, gli script Greasemonkey non vengono eseguiti direttamente, ma sono prima convertiti in estensioni: forse la sostanza non cambia, ma potrebbe fare un’enorme differenza in quanto a sicurezza e affidabilità.
Alessandro Del Rosso