Se c’è qualcosa che da oggi occorrerà evitare, è una ulteriore massiva polarizzazione di opinioni tra pro e contro Green Pass: il dibattito sarà fondamentale per sviluppare al meglio lo strumento, ma lo scontro non aiuterà un progetto che inevitabilmente mette in campo aspetti controversi e che, ancor più inevitabilmente, tocca sensibilità contrapposte. Ma un punto fermo c’è: oggi è il 6 agosto e da oggi scatta tutta una serie di prescrizioni tali per cui il Green Pass sarà fondamentale per vivere alcune esperienze collettive, in luogo pubblico.
Il Green Pass non è obbligatorio
Partiamo da questo aspetto: il Green Pass non è obbligatorio. Semmai è sempre più necessario per poter vivere alcuni aspetti importanti della vita quotidiana. Sedersi in un bar, partecipare a un concerto, entrare in una pizzeria: per poter affrontare queste esperienze (decisamente comuni prima della pandemia) occorrerà avere a disposizione un documento personale ed un QRCode che abiliti all’ingresso e che certifichi che si è fatto il possibile per tutelare la salute altrui.
Chi rinuncia a questi elementi può rinunciare al Green Pass, che in nessun modo è obbligatorio. Certo è che, pur non essendo un obbligo di legge, è un elemento coercitivo di efficacia crescente, perché rappresenta uno strumento destinato a farsi sempre più presente e che presto potrebbe entrare nel mondo del lavoro così come l’ultimo Consiglio dei Ministri lo ha già catapultato nel mondo della Scuola. Ma il tema della libertà resta pregnante al centro della scena: onde evitare l’obbligo alla vaccinazione, per il quale l’opinione pubblica non sarebbe certo pronta, si è scelto il compromesso nella forma di un QR Code con restrizioni elastiche e pensato come misura temporanea legata allo stato di emergenza definito dall’OMS.
Delle questioni di principio si è ampiamente discusso, da oggi si passa alle questioni tecniche. Da oggi bisognerà avere un QR Code per entrare in molti luoghi e sarà un’app ad abilitarci l’accesso: una novità assoluta, da metabolizzare poco alla volta in questa seconda estate di pandemia.
Il Green Pass è strumento sociale
Così come per le mascherine, emerge sempre più chiaramente la natura del Green Pass sia come strumento di protezione individuale, sia come elemento di protezione sociale. Il Green Pass, infatti, crea locali e situazioni in cui il rischio di contagio viene fortemente abbattuto (non annullato) e così facendo consente la massimizzazione della tutela reciproca. Se il concetto di “immunità di gregge” è la chimera che si persegue come limite oltre il quale si andrà a vincere questa maratona, il Green Pass diventa l’elemento che ne concretizza il principio nella quotidianità, riducendo i contatti pericolosi tra persone monitorate e persone non monitorate ed abbattendo gli spazi di manovra entro cui il virus ha la possibilità di moltiplicarsi.
Non sarà il Green Pass a toglierci dai problemi, semmai sarà il vaccino. Ma il Green Pass crea i presupposti affinché si possa salvaguardare la situazione per evitare ricadute estremamente pericolose sotto ogni punto di vista. Sotto questo punto di vista il Certificato Verde è un enorme strumento di tutela sociale, pensato espressamente in quest’ottica. Affinché funzioni servirà massima collaborazione di tutti, a prescindere dalle opinioni personali, perché ogni discussione tra esercenti costretti al Green Pass e clienti contrari al Green Pass sarebbe deleterio e fondamentalmente inutile.
Boicottaggi
Impossibile quantificare il fenomeno e come sempre una piccola minoranza rumorosa si fa notare più di una grande maggioranza silenziosa, ma è chiaro quanto i social stanno mettendo in luce in queste ore: se da una parte ci sono movimenti no-vax che gridano al boicottaggio degli esercizi che (a rigor di legge!) richiederanno il Green Pass, dall’altra ci sono esercenti che non vogliono fungere da controllori e aprono le porte a tutti.
Il boicottaggio reciproco non aiuterà nessuno, questo è chiaro. Affidare la propria vita quotidiana a discussioni polarizzanti non sarà un atteggiamento costruttivo a prescindere dalle opinioni. Dialogo e scelte, questo si. C’è da sperare che la fase dei boicottaggi, degli attriti e della disobbedienza civile possa durare poco: c’è un’estate da salvare e una stagione fredda da pianificare, con un occhio al PIL e uno ai reparti di terapia intensiva. Questi ultimi due parametri riguardano tutti, nessuno escluso.
Una rivoluzione indesiderata
Nessuno aveva mai ipotizzato un Green Pass prima che la pandemia facesse scendere la propria scure sul mondo e sull’Italia. Il Certificato è una delle risposte che si è data alla pandemia per evitare che nuove ondate potessero creare riflussi economici eccessivamente devastanti, e con questa finalità viene da oggi adottato in modo più esteso per moltiplicare i propri effetti di tutela e prevenzione.
Come chiaro a tutti, il Green Pass non è qui per rimanere, ma è qui per scomparire: maggiore sarà l’impegno collettivo, minore sarà il tempo in cui resterà tra di noi. Paradossalmente combattere il Green Pass significa prolungarne la permanenza, mentre al tempo stesso maggiori sono gli atteggiamenti virtuosi di tutela reciproca e minore sarà la durata del provvedimento.
Nessuno vuole il Green Pass, ma la pandemia è ancor più indesiderabile e deleteria. Una medicina sociale amara, da ingerire e dimenticare, per fare in modo che si possa guarire come collettività. Oggi, 6 agosto, inizia una fase importante in cui ogni cittadino ha il dovere di fare la propria parte, al netto di opinioni e considerazioni, fermo restando il diritto di manifestare la difesa dei propri diritti e delle proprie convinzioni, ma nel pieno rispetto della legge e dei diritti altrui. Questo è l’effetto primo di una pandemia, anche in questa “quarta ondata“: uno specchio sociale in cui mettere alla prova la civiltà, la convivenza, la collaborazione, la comprensione. Uno specchio importante, che scriverà nei libri di storia il modo in cui siamo stati capaci o meno di auto-organizzarci a partire da un QR Code.