Il Green Pass non se ne andrà con la fine dello stato di emergenza fissata per il 31 marzo. Questo è certo. Per quanto rimarranno ancora in vigore le regole anti-COVID che poggiano sull’utilizzo del certificato verde? La domanda è lecita, considerando il progressivo miglioramento della situazione legata alla pandemia.
Addio al Green Pass: non subito e graduale
Sul tema è tornato a pronunciarsi Pierpaolo Sileri, Sottosegretario al Ministero della Salute, attraverso una dichiarazione affidata ad Adnkronos: è in atto un confronto tra le forze politiche, ma alla fine decideranno i dati. E, ad ogni modo, l’eliminazione del documento avverrà in modo graduale.
La priorità è non rischiare di compiere un nuovo passo falso, abbassando eccessivamente la guardia ora che gli sforzi e i sacrifici compiuti nei due anni lasciati alle spalle stanno finalmente dando risultati. Il Governo potrebbe decidere per una rimodulazione, pianificando le tappe di una dismissione spalmata su tutta la primavera, tra aprile e giugno. Si è comunque nel campo delle ipotesi.
La discussione su rifugiati e Green Pass
Negli ultimi giorni, con l’attenzione di stampa e pubblico concentrata quasi esclusivamente sulla guerra in Ucraina, si è discusso della scelta di non rendere il Green Pass un requisito per l’accesso in Italia dei rifugiati provenienti dalle zone del conflitto.
C’è chi sostiene debba essere imposto a chi fugge dalle città assediate dai militari russi, così come dall’agosto scorso è obbligatorio per i cittadini italiani. Altri sostengono invece che la gravità della situazione e i numeri relativamente contenuti (il primo round di ingressi coinvolgerà circa 10.000 persone) possano valere un’eccezione. Tutti saranno comunque sottoposti al tampone e verrà offerta loro la possibilità di ricevere la somministrazione del vaccino (o del richiamo) se non ancora immunizzati.
Il nostro sistema sanitario si prenderà cura di queste persone allo stesso modo dei cittadini italiani. Il nostro obiettivo per l’immediato è metterli al sicuro dalla guerra, curarli se ne hanno necessità e fornire ad essi la profilassi vaccinale se lo desiderano.
Sileri sottolinea inoltre come l’accesso alle attività e ai servizi sul territorio sarà consentito anche ai rifugiati ucraini solo con certificato verde, laddove previsto per i cittadini italiani.