Tra meno di 48 ore, a partire da venerdì 15 ottobre, scatterà l’obbligo di Green Pass in tutti i luoghi di lavoro, in quelli della Pubblica Amministrazione così come in quelli del settore privato. Coloro che per ragioni proprie hanno scelto di non sottoporsi alla somministrazione del vaccino, e non sono in possesso della certificazione che testimonia la recente guarigione da COVID-19, dovranno quindi necessariamente e continuamente sottoporsi ai tamponi.
Chi deve pagare i tamponi per il Green Pass?
Da qualche tempo ci sono i prezzi calmierati, è vero, ma considerando la validità pari a due soli giorni del documento rilasciato con quelli rapidi, per non rimanere senza stipendio andranno ripetuti di frequente, portando così un esborso non indifferente. La domanda che si stanno ponendo in molti, più che lecita, è: chi paga?
Al momento l’azienda non ha alcun dovere di questo tipo e il costo ricade per intero sulle tasche del dipendente. Ciò nonostante, alcune realtà (il primo caso balzato agli onori delle cronache nelle scorse settimane è stato quello della catena NaturaSì) si sono mosse scegliendo volontariamente di farsi carico della spesa, mettendosi così al riparo da qualsiasi possibile interruzione e scongiurando il rischio di un calo della produttività. In un caso specifico, che interessa chi presta servizio presso i porti, una circolare del Viminale invita le imprese a valutare questa possibilità così da non fermare i lavori.
In definitiva, ad oggi, è il lavoratore a dover far fronte alla spesa, senza potersi rivalere sul datore. Le società possono contribuire in parte o per intero, ma senza alcun obbligo.