Amazon, Google, Yahoo!, Facebook. Sono solo alcuni dei grandi giganti dell’IT passati sotto le scrupolose lenti degli attivisti di Greenpeace, che hanno così stilato una prima classifica sugli attuali livelli di sfruttamento aziendale di energie non rinnovabili come il carbone .
Quanto sono sporchi i vostri dati? Si intitola così la speciale classifica recentemente presentata da Greenpeace a San Francisco, un elenco di società legate in modo particolare alla gestione di giganteschi data center e più in generale di attività in the cloud .
A conquistare il podio sono state ovviamente in tre: Yahoo!, Google e Amazon . Veri e propri giganti dell’energia pulita, come dimostrato dai recenti investimenti dell’azienda di Mountain View in forme d’energia rinnovabile quali il solare o l’eolico. Che potrebbero dunque alimentare i grandi data center sparsi in tutto il territorio statunitense.
Molto diversa la situazione riscontrata da Greenpeace in società come IBM e Facebook, peraltro già bacchettata dagli attivisti per aver scelto il carbone come fonte d’energia primaria per gli immensi data center. Tra i cattivi ci sono anche Twitter e Hewlett Packard, ma a trionfare – in negativo – è stata Apple .
Secondo le stime di Greenpeace, l’azienda di Cupertino dipenderebbe dal carbone al 54,5 per cento , risultando l’azienda più “sporca” dell’IT. E pensare che la stessa Apple aveva ottenuto una menzione speciale per la realizzazione del suo Macbook Pro, in cui non erano stati trovati elementi chimici pericolosi per l’ambiente.
“Molte società considerano il loro dispendio d’energia un po’ come la formula segreta della Coca-Cola – ha spiegato il policy analyst di Greenpeace Gary Cook – perché non vogliono che i loro concorrenti sappiano quanto viene speso”. Negli Stati Uniti le aziende non sono attualmente obbligate a fare rapporto ufficiale sulla combustione del carbone in relazione alla fornitura di energia alle server farm .
Mauro Vecchio