Apple, Amazon, Oracle, Twitter . Colossi high-tech finiti ancora una volta nel mirino degli attivisti di Greenpeace, in cima alla lista dell’ ultimo report sui cattivi del cloud computing. Quelli che sfruttano “forme d’energia del 19esimo secolo per alimentare la nuvola del 21esimo”.
Presente e futuro passano per lo sfruttamento di combustibili fossili, almeno secondo la nuova classifica How Clean Is Your Cloud? . Forme d’energia non rinnovabili trasformate in elettricità per la gestione dei giganteschi e sempre più affamati data center sparsi in tutto il globo.
“È un problema crescente – spiegano gli attivisti di Greenpeace in un post apparso sul sito ufficiale dell’organizzazione – Se la nuvola fosse una nazione, arriverebbe dritta al quinto posto nel mondo per consumo d’elettricità. La domanda energetica globale arriverà a triplicare nell’anno 2020″.
Nel Clean Energy Index calcolato da Greenpeace, le percentuali di sfruttamento del carbone si sono assestate sul valore massimo del 55 per cento nel caso del colosso di Cupertino . Il primato per l’utilizzo del nucleare è invece andato ai servizi di Jeff Bezos e Amazon, con un valore percentuale di 29,9.
Brutti voti anche per la piattaforma cinguettante Twitter, che ha ricevuto punteggi molto scarsi nelle categorie trasparenza, infrastrutture, rinnovabile . Tra le società più virtuose ci sono Dell (20 per cento di sfruttamento del carbone) e Google (28 per cento carbone e 15 per cento nucleare).
Un portavoce di Apple ha tuttavia contestato i risultati emersi dal report di Greenpeace. Il nuovo data center dedicato ad iCloud sarebbe il più verde mai creato, con una richiesta d’energia dell’80 per cento più bassa di quella stimata dagli attivisti . Il 60 per cento dell’energia necessaria al suo funzionamento sarebbe infatti proveniente da forme d’energia assolutamente rinnovabili.
Mauro Vecchio