Greenpeace torna a parlare di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), e lo fa con una nuova inchiesta tesa a denunciare il mancato rispetto del decreto che regola lo smaltimento dei rifiuti ad alta tecnologia. In particolare l’organizzazione non profit si scaglia contro l’inadempienza dei negozi appartenenti alle grosse catene di elettronica nel ritiro gratuito dei prodotti usati in sostituzione dei nuovi acquisti.
La videoinchiesta di Greenpeace capita in un periodo – quello delle festività natalizie – in cui il 70 per cento degli italiani si dice orientato verso l’acquisto di prodotti tecnologici per regali ad amici e parenti. Il decreto sui RAEE n.65 del 2010 impone ai negozianti di ritirare l’usato secondo la regola dell'”uno contro uno”, ma Greenpeace sostiene che il 51% dei rivenditori continui a non rispettare la norma.
A oltre sei mesi di distanza dall’approvazione del decreto, le grandi catene non ne vorrebbero sapere di rispettare la legge sui RAEE: Greenpeace ha preso in esame 107 negozi di elettronica in 31 città italiane , esercizi commerciali facenti parte delle catene di distribuzione (Euronics, Eldo, Mediaworld, Trony, Unieuro) che detengono il 70 per cento del mercato nazionale.
Armati di telecamere nascoste, gli attivisti di Greenpeace sono entrati nei negozi per verificare il comportamento dei titolari in merito alla regola di ritiro dell’usato “uno contro uno”, stilando una classifica delle catene di elettronica che meglio si comportano in merito alla norma di legge: Eldo è risultata essere la catena più virtuosa con il 60 per cento dei negozi risposti a ritirare gratuitamente l’usato, seguita a ruota da Mediaworld, Trony, Unieuro e con Euronics come fanalino di coda (45 per cento).
Stando a quanto sostiene la responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia Vittoria Polidori, “questi risultati ci confermano che l’Italia è ancora indietro nella gestione dei rifiuti elettronici, nonostante la direttiva comunitaria risalga al 2002”. “Ancora la metà dei negozi, fra quelli intervistati – commenta ancora Polidori – non è in linea con la legge e nel 63 per cento dei casi non viene fornita la giusta informazione ai clienti sulla gratuità del ritiro, nonostante il decreto parli chiaro”.
Nel 25 per cento dei casi Greenpeace ha individuato persino un aumento nei costi di consegna dei prodotti nuovi come compensazione occulta del ritiro dell’usato , mentre nel 12 per cento dei casi i negozianti si sono limitati a consigliare una telefonata all’azienda locale di gestione dei rifiuti o il trasporto dei RAEE – sempre a opera del cliente – direttamente nei centri di raccolta specifici organizzati dal comune di appartenenza.
Neanche a dirlo, i suddetti centri di raccolta rappresentano l’ennesima conferma del fatto che l’Italia sia ancora indietro nella gestione dei RAEE: “Su circa 3.000 centri di raccolta – dice Greenpeace – il 70 per cento circa è localizzato in sole quattro regioni d’Italia (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto)” e non è sempre accessibile alla grande distribuzione di prodotti CE. I centri di raccolta sono insufficienti e la colpa principale andrebbe ascritta ai comuni, soggetti istituzionali che vengono forniti di appositi fondi “per migliorare le condizioni infrastrutturali dei centri stessi”.
Alfonso Maruccia