Nel ginepraio del P2P ormai si sviluppano più idee e meno tecnologie: questa è l’ora dell’affinamento dei modelli di business. Ieri su TechCrunch è comparso un interessante approfondimento su
Grooveshark , una nuova piattaforma P2P che consente di guadagnare – in completa legalità – dalla condivisione del proprio archivio musicale.
In pratica, dopo l’iscrizione al servizio – e la successiva istallazione del software proprietario – si può accedere a un mega-archivio online che è correlato al network P2P della piattaforma. Le tracce disponibili sono state precedentemente uploadate dagli utenti. Grooveshark, di fatto, organizza l’intera mole di dati e consente lo streaming gratuito, nonché un accesso ragionato a tutta la libreria. La sensazione è quella di avere a che fare con una dimensione web 2.0 in stile MySpace. Vi sono infatti profili, consigli, commenti, e strumenti per il “social networking”. Gli utenti nel tempo hanno la possibilità di migliorare il loro status di “sharer” sia aumentando il numero di tracce uploadate, sia partecipando attivamente al tagging.
Grooveshark, insomma, è fatto per bighellonare in mezzo alle tracce audio. Quando però si decide di procedere con l’acquisto di una canzone, il Paese dei Balocchi si trasforma in macchina da guerra. Ogni traccia costa 99 centesimi di dollaro ed è priva di DRM – compatibile con ogni tipo di player software e hardware. Una volta ultimata la transazione, 25 centesimi di dollaro vanno in tasca all’utente che ha uploadato la canzone; altri 25 centesimi di dollaro dovrebbero finire nelle tasche di Grooveshark; i restanti centesimi sono destinati alla major discografica proprietaria dei diritti. Il tutto nel rispetto della Legge sul diritto d’autore e degli interessi delle case discografiche.
TechCrunch ha fatto notare che i 25 centesimi di dollaro sono da considerarsi una speciale promozione perché la scorsa estate la quota per l’utente-venditore era di 10 centesimi di dollaro. “Siamo così convinti della bontà di questo prodotto e del fatto che piacerà alla gente, che siamo disposti a dar via il nostro intero profitto per dimostrarlo”, ha dichiarato James Davis, vice presidente di Grooveshark. Qui però la questione si tinge di giallo. O la dirigenza ha rinunciato completamente alle sue monetine, oppure è riuscita a strappare alle major qualche sconto. Sul sito ufficiale si continua a ribadire infatti che gli introiti vengono divisi equamente tra la piattaforma e l’utenza…
Comunque, a prescindere da questi dettagli, sebbene la piattaforma sia ancora in fase Beta permangono una paio di perplessità. Ogni operazione non può prescindere dall’istallazione dell’applicazione proprietaria – anche lo streaming!. Grooveshark conferma che il suo software non contiene malware o virus, però i timori che nasconda qualche tracker permane in alcuni commentatori. Le sue funzioni di condivisione ricordano le altre piattaforme P2P, ma il fatto che in qualche modo siano coinvolte le major potrebbe preoccupare i più malfidati. Sarà forse colpa di quel papiro online – da sottoscrivere – che detta le regole del gioco o forse di quel file Excel che si è obbligati a compilare in ogni dettaglio per accedere appieno al servizio.
Dario d’Elia