Roma – In Afghanistan sta iniziando a regnare il silenzio. Le milizie talebane non parlano più di coprifuoco e di disattivazione dei servizi di telefonia mobile durante le ore notturne: torri e antenne stanno cadendo come birilli, disservizi a macchia di leopardo costellano il territorio afgano.
Le milizie integraliste temono che i carrier collaborino con le truppe straniere per tracciarli, temono che gli spostamenti di cella in cella possano fornire indizi importanti sull’attività dei nuclei armati che si muovono fra gli aspri territori del paese. Avevano intimato agli operatori di sospendere i servizi durante le ore notturne, avevano lanciato un ultimatum minacciando l’abbattimento dell’intera infrastruttura di telefonia mobile locale.
Di fronte al mancato riscontro degli operatori, le milizie talebane non si sono rassegnate allo spegnimento del telefonino, non hanno preso in considerazione il fatto che le truppe straniere possano mettere in campo strumenti decisamente più sofisticati per il monitoraggio e per il tracciamento: sono già tre le stazioni radio base afgane che si consumano fra le fiamme. Il primo affondo risale a venerdì: la prima antenna è stata colpita nella provincia di Kandahar, lungo un’autostrada. Apparteneva alla compagnia di telefonia mobile Areeba, ora è uno scheletro annerito , reso inservibile da una molotov.
Alla prima offensiva ne sono seguite altre due , sempre nel sud del paese: hanno colpito due stazioni radio base dell’operatore Roshan, una nella città di Kandahar, l’altra nella vicina provincia di Helmand. Sono state abbattute da un gruppo di uomini e dalle armi da fuoco che imbracciavano.
I cittadini hanno incassato il colpo, i telefonini muti per diverse ore, il governo è rimasto impassibile. “Distruggendo un nodo dell’infrastruttura si inimicano la popolazione locale – ha spiegato un rappresentante del ministero delle Comunicazioni – non penso che l’abbattimento possa avere qualche effetto diretto sul governo afgano. Sono i cittadini a soffrirne”.
Il servizio di telefonia mobile, infatti, introdotto con successo a partire dal 2001 dopo la deposizione del regime talebano, serve quasi quattro milioni di persone che non possono affidarsi ai deboli servizi di telefonia fissa. Il business locale del mobile è in netta crescita, fruttuoso per gli operatori, sempre più indispensabile per i cittadini. Acquista di senso la minaccia di sabotaggio, che mina la capacità delle stesse milizie di coordinarsi: l’azione dei talebani potrebbe essere una mossa compiuta sullo scacchiere mediatico e propagandistico . È possibile che i cittadini riverberino il proprio malcontento sul governo e sui militari stanziati nel paese, incapaci di proteggerli, incapaci di tutelare un servizio fondamentale.
Gaia Bottà