Sei esemplari di Toyota Prius e uno di Audi TT . Un totale di sette veicoli partiti dal campus di Google a Mountain View e diretti verso il futuro della robotica su quattro ruote. Un’automobile che si guidi da sola, senza alcun intervento da parte dell’uomo : questa la sfida già lanciata dalla Grande G, a spasso senza mani sul celebre Golden Gate di San Francisco.
E l’azienda californiana sembra averla subito buttata sui numeri , come a dimostrare la primissima bontà dell’operazione. Mille miglia (1.600 km circa) battute su strada dall’intero parco macchine di Google, senza intervento alcuno da parte di un qualsivoglia autista. 140mila miglia (225mila km circa) bruciate sul campo con piccoli aiutini manuali.
Ma anche tanti segnali che hanno incoraggiato il team di Google, capitanato da Sebastian Thrun, direttore dello Stanford Artificial Intelligence Laboratory . Le roboauto – dotate di navigatore, videocamere, sensori radar e di una tecnologia capace di analizzare l’ambiente circostante – hanno infatti superato con successo strade tra le più insidiose di San Francisco.
A rischi (quasi) zero. Una delle Prius si è fatta alla fine tamponare fermandosi ad un semaforo. Ma il team di Google è sembrato particolarmente fiero della riuscita delle prime prove su strada delle roboauto. “Il nostro obiettivo – ha spiegato Thrun in un post apparso sul blog ufficiale di BigG – è aiutare a prevenire gli incidenti, fornendo alla gente più tempo a disposizione e riducendo l’emissione di carbonio”.
Addirittura “cambiando il modo stesso di guidare delle persone”. Una rivoluzione che va ben al di là di un mercato globale come quello del search. La tecnologia illustrata da Google è anche frutto delle migliori menti motorizzate delle DARPA Urban Challenge , sfide iper-tecnologiche premiate dal Pentagono.
Gli stessi laboratori di Stanford avevano già portato un’altra Audi TT alla velocità di 225 chilometri orari. Rigorosamente senza mani. Ma gli obiettivi primari di Google rimangono maggiore sicurezza sulle strade, riduzione delle emissioni, traffici più umani. Dopotutto un robot non potrebbe addormentarsi al volante. Al massimo venire infettato (a quando l’antivirus per l’auto?) e iniziare ad inveire contro lumache della strada e vecchiette sulle strisce.
Mauro Vecchio