HADOPI, l’autorità francese che presidia all’enforcement del diritto d’autore e che punta a mandare a chi venisse colto in violazione tra i 50 e i 100mila avvisi al giorno, ha mostrato al Midem ( Marché International du Disque et de l’Edition Musicale ) un suo studio sulle forme assunte dalle “pratiche e dalla percezione degli internauti francesi” rispetto “all’uso di Internet e ai beni culturali”.
Chiamato T Zéro , il nome indica il momento temporale della statistica: i dati sono stati raccolti solo pochi giorni dopo l’ invio delle prime email d’avviso . La comparazione con gli studi futuri dovrebbe permettere di valutare l’evoluzione della percezione dei netoyen per quanto riguarda diritti d’autore e beni virtuali.
Il punto di partenza è comunque chiaro: lo studio mostra una discrepanza “tra la pratica illecita dichiarata e la percezione di ciò che fanno i francesi online”.
Secondo il 95 per cento degli intervistati, gli internauti scelgono “sovente” o “qualche volta” un modo illecito per ottenere beni culturali, ma solo il 49 per cento dichiara di essere un pirata lui stesso e di questi appena il 13 per cento ammette di compiere questa pratica regolarmente.
A conoscere HADOPI (che al momento dell’inchiesta aveva appena avviato le sue attività) è il 68 per cento degli intervistati (anche se magari solo di nome o attraverso quanto riportato dalla televisione e dalla stampa). Ben il 48 per cento degli intervistati ritiene però che HADOPI possa agevolare lo sviluppo di un’offerta legale , il 43 per cento che aiuterà a remunerare maggiormente gli artisti e il 27 che avrà “un impatto positivo sull’influenza culturale della Francia all’estero”.
Più contraddittori i numeri relativi all’effetto dissuasivo dell’impianto legislativo: il 50 per cento degli autodefiniti pirati non cambieranno le proprie abitudini per HADOPI . Ma, soprattutto, il 18 per cento di coloro che non ritenevano di avere comportamenti illegali allo stesso modo li cambieranno (anche se non è specificato in che modo e soprattutto perché).
Difficile anche capire come gli utenti distinguano tra un’offerta legale e una pirata: solitamente si fidano dei siti maggiormente conosciuti o che mettono chiaramente in mostra licenze e condizioni d’uso. Oppure alla differenza tra gratuito e a pagamento. Tuttavia uno dei mezzi principali per la divulgazione di contenuti, Megaupload, secondo questa logica rientrerebbe nella categoria dell’offerta legale (offre anche un servizio a pagamento premium).
Claudio Tamburrino