Finché si parla di evasione fiscale, di paradisi fiscali e di nuova fiscalità, ogni discorso che aleggia attorno alle criptovalute gode di una sorta di immunità etica che pone ogni considerazione su una base monetaria (al limite politica). Quando in ballo vi sono però geopolitiche ben più complesse, centinaia di morti nel giro di poche ore, bambini strappati alle loro famiglie e famiglie sventrate da una follia terroristica, allora è necessario porsi qualche interrogativo.
Pensare che il terrorismo sia finanziato dalle criptovalute sarebbe un errore: il ruolo delle valute digitali resta ancora minoritario rispetto alle molte fonti che questi gruppi hanno messo in piedi per finanziare le proprie attività. Al tempo stesso, ignorare il fatto che le criptovalute abbiano un ruolo crescente nei finanziamenti illeciti significa girare le spalle alla realtà per evitare di sentirne le responsabilità.
Hamas: il ruolo dei Bitcoin
Gli USA muovono da tempo le proprie pedine per fermare questi fiumi di danaro digitale: già nel 2020, in piena pandemia, un enorme sequestro di crypto bloccava una serie di flussi di capitali verso Al Qaida, ISI e al-Qassam. Ora che in ballo c’è Hamas, il tutto assume connotati più concreti poiché diventa più semplice la traslitterazione tra fondi illeciti e morte di civili. La rivoluzione economica delle crypto non è esente dalle medesime colpe dell’economia tradizionale, insomma, poiché laddove c’è valore anche i terroristi vanno ad attingere.
Notizia delle ultime ore è lo stop di Binance ad una serie di account sospettati di avere legami più o meno stretti con Hamas. Troppo poco, troppo tardi: negli ultimi anni sarebbero passati nelle casse di Hamas svariati milioni di dollari in criptovalute (la prima chiamata del gruppo risale al 2019, a dimostrazione del fatto che l’opportunità fosse stata fiutata ampiamente in tempo), finanziando così tutta quella che è l’economia di guerra che sta dietro gli attacchi del 7 ottobre. Non c’è pedina che non sia stata mossa, del resto, senza lauto compenso di denaro: dai “volontari” assoldati agli armamenti, agli scavi dei sotterranei, fino alle spie attive in Israele, le criptovalute hanno giocato un ruolo forse minoritario, ma non certo differente da quello dei legami del gruppo terroristico con l’Iran o altri Paesi amici. In termini di volume ci sono altre fonti ancora preminenti, ma il ruolo delle criptovalute e della loro capacità di sfuggire ai controlli internazionali è crescente e preoccupante.
Ora che la guerra è deflagrata e le bombe son tornate a tuonare nella striscia di Gaza, bloccare i flussi delle criptovalute verso Hamas è una mossa obbligata e fa parte delle mosse ostruzionistiche che Israele e gli alleati stanno mettendo in piedi per strozzare i finanziamenti futuri del gruppo. La guerra combattuta sul campo diventa istantaneamente una guerra combattuta sui server: Binance ha immediatamente confermato la propria collaborazione con le autorità israeliane per monitorare quanto accaduto e per bloccare gli account sospetti, ma appare evidente in questa fase la necessità di autorità di regolamentazione che pongano le criptovalute sul medesimo piano degli istituti bancari.
Il lavoro fatto nel tempo per irregimentare il valore delle criptovalute in una legislazione compiuta sono stati utili e necessari, ma quando la guerra bussa ai confini tutto si fa più urgente e necessario. Le autorità di tutto il mondo stanno ora tenendo sotto osservazione le criptoattività di Hamas perché, mentre si accerchia il nemico per limitarne il sostentamento, inevitabilmente occorrerà porre paletti stretti anche e soprattutto ai canali ove più semplice è il flusso di denaro illecito. Ogni Bitcoin che passa è un Bitcoin destinato a macchiarsi di sangue, all’interno di una vicenda che interessa tutto il globo. Portando il ruolo delle cripto (come speculazione, come opportunità, ma anche come entità responsabile) alla luce del sole, si imporrà all’opinione pubblica una riflessione più seria che non quella che ha cavalcato la grande ondata di guadagni degli anni scorsi.
La luna di miele delle crypto è finita da tempo, ma che già si fosse in guerra non era per molti cosa attesa. Mentre centinaia di persone perdono la vita e crude immagini giungono ora dopo ora dai territori in fiamme, alcuni account vengono interrotti e qualche bitcoin temporaneamente congelato: un passo importante dal punto di vista simbolico, ma un passo decisamente tardivo per una guerra ormai deflagrata.