In ambito culinario il sale viene comunemente utilizzato per insaporire, conservare o disidratare i cibi. Ma ora un team di Singapore ha scoperto che, utilizzando una soluzione di cloruro di sodio, si può anche espandere di cinque o sei volte la densità di immagazzinamento dei dischi rigidi.
Il processo messo a punto dai ricercatori dell’IMRE (Institute of Materials Research and Engineering) aggiunge il sale da cucina al metodo della litografia a fascio di elettroni (EBL) per ordinare la struttura interna del disco magnetico, che normalmente sparpaglia i bit in maniera casuale invece di ottimizzare lo spazio disponibile.
Il sale da cucina viene in pratica utilizzato per migliorare la struttura interna del disco. Questa “evidenziazione” permette di distinguere ogni singolo bit presente nei settori e di organizzare sulla superficie del piatto i vari “grani” che si vengono a formare. Secondo il comunicato, un’archiviazione di questo tipo consente di infilare 6 terabyte di dati in un normale hard disk da 1 tera.
A conti fatti, la ricerca ha dimostrato che aggiungendo un semplice pizzico di sale è possibile portare l’alta definizione anche sugli hard-disk meccanici, con una densità di 3,3 terabit per pollice quadrato. Oltretutto, l’incredibile risultato viene ottenuto utilizzando i classici supporti di memorizzazione: senza stravolgere il metodo di produzione attuale o presentare un conto più “salato”.
Roberto Pulito