La credenza che ci sia un paradiso ad aspettarci dopo la vita terrena è una storia incantevole per chi è spaventato dalla morte. Con la pacatezza e la convinzione dell’uomo di scienza, Stephen Hawking allontana da sé quei “palliativi religiosi” privi di fondamento scientifico.
In un’ intervista esclusiva concessa al Guardian , lo scienziato più eminente della Gran Bretagna non esita a sfatare l’immagine dell’aldilà presente nelle dottrine religiose del mondo: non esiste nulla oltre il momento nel quale il cervello smette di funzionare e si ferma .
Hawking, colpito all’età di 21 da atrofia muscolare progressiva , condivide i propri pensieri sul tema della morte, sull’agire umano e sulle opportunità dell’esistenza parlando anche del proprio calvario umano , che da quasi 50 anni lo costringe all’immobilità.
“Ho vissuto con la prospettiva di una morte vicina per 49 anni. Non ho paura della morte, ma non ho nessuna fretta di morire. Ho ancora tanto da dover scoprire” confessa l’astrofisico che, dopo essere scampato a una seria polmonite, è costretto a parlare attraverso un sintetizzatore vocale che trasforma in suono ciò che scrive su un apposito computer. “Considero il cervello come un computer che terminerà di lavorare quando i componenti si deteriorano. Non c’è nessun paradiso o altra vita per i computer dismessi; questa è una favola per la persone che hanno paura dell’oscurità”.
Hawking, che non ha mai fatto segreto del suo scetticismo in merito all’esistenza di Dio, non si era mai espresso in termini così determinati, inducendo il pubblico a definirlo comunque un credente.
In Rete dilagano i cinguettii che riprendono estratti dell’intervista , il più popolare dei quali recita: “Il Paradiso è una storia incantata per chi ha paura di morire”.
Nel corso della conversazione avuta con il Guardian , lo scienziato ha enfatizzato il valore della vita terrena , la necessità per l’essere umano di spendere tutto il proprio potenziale sulla Terra , facendo buon uso della propria esistenza. E alla domanda su come dovremmo vivere, la risposta è stata: “Dovremmo cercare il valore più alto nelle nostre azioni”.
L’intervista anticipa una lezione accademica che il matematico terrà domani presso l’incontro Google Zeitgeist di Londra, nell’ambito del quale cercherà di rispondere alla domanda: “Perché siamo qui?”.
Cristina Sciannamblo