L’industria di Hollywood aveva annunciato l’accordo stragiudiziale strappato ad Hotfile come uno dei più grandi successi conseguiti contro un sito ritenuto uno snodo della pirateria: il servizio di hosting avrebbe pagato 80 milioni di dollari per rimediare alla proprie malefatte. Ma ora emerge una verità diversa.
Il cyberlocker ha ora cessato le proprie attività: al termine della tortuosa vicenda legale il servizio di hosting era stato riconosciuto colpevole di aver incoraggiato le violazioni del copyright e le condivisioni degli utenti con un sistema di incentivi e di aver tratto profitto dai contenuti oggetto delle violazioni altrui. Hotfile avrebbe potuto reinventarsi solo rinunciando al proprio ruolo di semplice intermediario e garantendo all’industria un sistema di filtri preventivi volti a scongiurare il caricamento di contenuti senza l’autorizzazione degli aventi diritto. A queste condizioni, Hotfile ha scelto di chiudere .
E mentre restano aperti certi fronti del contenzioso, riguardanti in particolare i metodi di MPAA, nell’accordo stragiudiziale volto a chiudere il procedimento principale Hotfile e l’industria del cinema si erano accordati per un risarcimento pari a 80 milioni di dollari, solo una piccola parte rispetto ai 500 milioni chiesti da MPAA di fronte al giudice, ma in ogni caso una cifra cospicua, che il cyberlocker avrebbe probabilmente faticato a mettere a disposizione.
Le email trafugate con l’attacco cracker a Sony Pictures rivelano ora i retroscena del patto : nonostante il trionfalismo da 80 milioni di dollari, gli studios e il cyberlocker si sono accordati per una cifra di 4 milioni di dollari, cifra che potrebbe non distaccarsi troppo dall’ammontare dei denari che l’industria ha profuso per abbattere l’attività di Hotfile.
Il servizio di hosting, da parte sua, ha corrisposto la somma nel mese di dicembre del 2013, in tre distinti pagamenti.
È lecito immaginare che i successi dell’industria dei contenuti siano da ridimensionare rispetto alle cifre ufficiali diffuse presso i media: come nel caso di Hotfile, anche l’ accordo da 110 milioni di dollari stretto con IsoHunt potrebbe essersi concretizzato con una transazione di entità più modesta. L’effetto deterrente, ad ogni modo, e di qualsiasi cifra si parli, sembra non dispiegarsi come l’industria del copyright vorrebbe.
Gaia Bottà