Con la mannaia dell’amministrazione USA che sta per calare sul business di Huawei, il gruppo non ha alcuna intenzione di farsi trovare impreparato. Nell’impossibilità di installare sui dispositivi una versione aggiornata o pienamente funzionante di Android, gli smartphone e i tablet del brand cinese potrebbero presto essere dotati di un altro sistema operativo. Una piattaforma alternativa, proprietaria, già pronta (o quasi) per il debutto.
Huawei, un SO per il post-Android
L’indiscrezione arriva da una chat di gruppo privata ed è attribuita a Richard Yu (Executive Director, CEO della divisione Consumer). Si parla di un esordio in autunno, forse in concomitanza con il lancio dei top di gamma della linea Mate 30 che stando alle ultime indiscrezioni potrebbe integrare il SoC Kirin 985. Al momento il tutto è da etichettare come voce di corridoio non confermata. Non è chiaro se il sistema operativo sarà basato su Android Open Source Project (il ban statunitense non lo impedirebbe) o meno.
L’unica certezza è che Huawei si è portata avanti, lavorando sulla creazione di una piattaforma tutta sua. I primi rumor in merito sono circolati già a metà 2016 e si è tornati a parlarne più di recente, nei mesi scorsi, in concomitanza con il crescere delle tensioni tra l’azienda di Shenzhen e Washington per questioni legati a presunte attività di spionaggio, cybersecurity e fornitura delle infrastrutture destinate al 5G.
Il piano B di Huawei
L’arrivo di quello che potremmo definire il backup OS del gruppo costituirebbe la concretizzazione di un piano B per lungo tempo mantenuto segreto, portato avanti nell’eventualità di non poter più far affidamento sull’ecosistema Android. Sappiamo bene che il successo di un dispositivo non è legato esclusivamente alle sue specifiche tecniche né ad altri fattori come il design, ma dipende dal giusto bilanciamento ed equilibrio tra la componente hardware e quella software: il supporto da parte della community di sviluppatori, così come la disponibilità di applicazioni e servizi, saranno dunque determinanti per l’affermazione e la crescita della piattaforma.
Solo pochi giorni fa in pochi avrebbero immaginato uno scenario simile, nonostante il rapporto di certo non idilliaco tra gli Stati Uniti e il colosso di Shenzen. Oggi Huawei si trova a dover fare i conti con la necessità di riorganizzare almeno in parte il proprio business, privata della possibilità di acquisire tecnologia di provenienza americana. Realtà come Google, Intel, Qualcomm e Microsoft (solo per fare alcuni esempi) non potranno fornire chip o sistemi operativi al gruppo. E se qualcuno come il CEO Ren Zhengfei reagisce mantenendo un atteggiamento sereno, lo stesso non si può dire per alcuni suoi stretti collaboratori. Tra leak e rumor non confermati, al momento sembra regnare il caos. In ogni caso, per dirla con un meme, That escalated quickly.