Huawei: la posizione ufficiale sul ban e sul futuro dell'azienda

Huawei tira dritto: "Non è cambiato nulla"

Al lancio del suo primo smartphone 5G, Huawei si pronuncia sulla questione ban, ribadendo la propria posizione: nulla è cambiato, nulla cambierà.
Huawei tira dritto:
Al lancio del suo primo smartphone 5G, Huawei si pronuncia sulla questione ban, ribadendo la propria posizione: nulla è cambiato, nulla cambierà.

È andata in scena ieri la presentazione di Mate 20X 5G, primo smartphone di Huawei in grado di connettersi ai network mobile di nuova generazione, in arrivo anche in Italia entro fine mese (già in pre-ordine su Amazon). Un evento organizzato non solo per mostrare il dispositivo alla stampa, ma anche per fare il punto sulla questione ban. È la prima volta che l’azienda, nello specifico la sua divisione italiana, interviene in via ufficiale sulla delicata vicenda che tiene banco ormai da quasi due mesi.

Huawei, dopo il ban: “Non è cambiato nulla”

Possiamo fare riferimento alle parole di Pier Giorgio Furcas (Deputy General Manager Huawei CBG Italia) per capire quale sia la posizione del gruppo in merito al ban degli Stati Uniti, cosa abbia comportato l’inclusione nella Entity List americana e in che modo la società cinese si stia muovendo per pianificare il proprio futuro. La sintesi perfetta è quella fotografata, letteralmente, nell’immagine che apre l’articolo:

Non è cambiato nulla.

Pier Giorgio Furcas, Deputy General Manager Huawei CBG Italia

Il messaggio che arriva da Furcas e più in generale da Huawei Italia, dopo il lungo silenzio che da quanto abbiamo appreso è stato imposto dal quartier generale di Shenzhen, è rivolto a tutti coloro che già hanno acquistato un dispositivo del brand o che hanno intenzione di farlo. Saranno garantiti gli aggiornamenti Android per i modelli già in commercio, la partnership con Google non è a rischio (lo stesso gruppo di Mountain View si è esposto contro il ban), gli utenti continueranno a ricevere supporto.

Contraccolpo e percezione del brand

L’azienda ammette di essere stata colta all’improvviso dalla notizia del blocco, giunta come un fulmine a ciel sereno a metà maggio. Nell’immediato ne hanno risentito le vendite, con una piccola perdita in termini di market share, già recuperata stando alle dichiarazioni. Lo scossone ha portato una percentuale significativa di potenziali clienti a posticipare l’acquisto di un nuovo dispositivo. La volontà di reperire informazioni sulla vicenda e capirne le possibili evoluzioni ha però innescato quello che secondo uno studio Nielsen è un incremento nella percezione del brand come leader del mercato, con +14% nel mese di giugno. Attualmente Huawei si trova in seconda posizione tra i vendor a livello globale (fonte Statista).

La percezione del brand secondo Huawei (fonte Nielsen)

Stati Uniti, Cina e geopolitica

Dalle ricerche condotte è poi emerso che il pubblico, quello dei non addetti ai lavori, attribuisce quanto sta accadendo a fattori di natura geopolitica, con la società rimasta nel mezzo di una disputa tra due superpotenze mondiali, da una parte gli Stati Uniti e dall’altra la Cina, con Washington e Pechino a costituire i poli opposti in quella che da più parti è stata etichettata come una vera e propria trade war.

Per capire quale sia la visione del gruppo, facciamo riferimento a un filmato condiviso da Huawei Italia sui social: in una manciata di secondi si fa riferimento alla Entity List, alle accuse di spionaggio, alla sicurezza nazionale, al differente atteggiamento assunto dai leader europei rispetto a Trump e all’implementazione delle reti 5G, mercato nel quale la società mantiene la leadership.

https://www.facebook.com/HuaweiITA/videos/1904178299681912/

Mate X, Ark OS e il futuro di Huawei

Se in seguito al ban non è cambiato nulla, cosa accadrà dopo la scadenza del 19 agosto? La data è quella che vedrà il termine del periodo concesso a Huawei dal Dipartimento del Commercio statunitense per portare avanti le proprie collaborazioni con le realtà USA. Citiamo ancora una volta le parole raccolte ieri da Furcas: non sarà cambiato nulla nemmeno il 20 agosto, tanto che per il mese di settembre è previsto l’arrivo sul mercato di Mate X, lo smartphone pieghevole presentato in febbraio al Mobile World Congress di Barcellona e posticipato per ragioni tecniche, così da non inciampare negli stessi problemi che hanno interessato la concorrenza.

E in merito al sistema operativo proprietario, l’alternativa ad Android più volte protagonista di rumor e indiscrezioni, Huawei ne ha già confermata l’esistenza. Non si tratterebbe comunque di un progetto messo in campo come piano B da attuare in seguito al ban, bensì di un’iniziativa in cantiere da lungo tempo. Potrebbe chiamarsi Ark OS in occidente e Hongmeng OS in Cina. Secondo il CEO Ren Zhengfei sarà più veloce della piattaforma di Google.

Cosa accadrà ora?

I tempi stringono e torneremo certamente di nuovo a trattare la questione nelle prossime settimane, con maggiore frequenza avvicinandoci a quel già citato 19 agosto. Impossibile prevedere con certezza quanto accadrà: c’è confusione anche tra coloro che sono coinvolti in prima persona nella vicenda. Se dall’incontro fra Trump e Xi Jinping al G20 di Osaka sono giunti segnali di distensione, pochi giorni dopo un esponente della Casa bianca ha sottolineato come al momento il ban rimanga in vigore.

I player del mercato, soprattutto quelli legati a Huawei da rapporti di collaborazione per la fornitura di componenti e tecnologie, sembrano ad ogni modo schierarsi dalla parte del gruppo cinese. Lo ha già fatto Google, chiedendo al Presidente USA di rivedere la propria posizione. Dello stesso parere anche ARM, che pur avendo il proprio quartier generale nel Regno Unito ha parlato di un “grosso problema” per l’intera industria. L’impressione è che soffocare in modo pressoché improvviso il business di uno dei leader del mercato, soprattutto per quanto concerne il territorio mobile, rischi di innescare una reazione a catena in grado di stravolgere gli equilibri andati progressivamente formandosi nel corso degli anni, con inevitabili conseguenze per l’intero settore. Anche di questo dovrà tenere conto chi sarà chiamato a pronunciarsi in modo definitivo sul ban.

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Pubblicato il
10 lug 2019
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